Le mani della ‘ndrangheta sulla cava di Peschiera

«Intanto che siamo qua vedo se riesco a farmi dare una cava per la spazzatura». «Qua ce n’è di terreni che puoi caricare». È nello scambio tra padre e figlio, Antonino e Giovanni Lugarà, imprenditori secondo gli inquirenti tramite tra le ramificazioni al nord della ’ndrangheta e il mondo politico, che si coglie, almeno in parte, il “progetto” che, nel 2015, sembra delinearsi sul futuro di una città che «mica è un paesino».

I due sono intercettati dai carabinieri di Milano mentre sono nell’auto di Giovanni. Hanno appena concordato un incontro con Silvio Chiapella, politico di lungo corso con incarichi assessorili e ruolo predominante nel Partito democratico di Peschiera Borromeo, partito da cui era poi uscito per fondare una nuova lista di centrosinistra.

Al centro dei contatti, il disperato tentativo di salvare la giunta peschierese guidata da Luca Zambon, giovane esponente del Pd che solo un anno prima aveva stravinto le elezioni amministrative ma che da mesi stava perdendo “pezzi” di giunta. Una crisi diventata inarrestabile prima dell’estate, con le dimissioni di due degli assessori più rappresentativi, Caterina Molinari e Danilo Perrotti, e l’ombra di una mozione di sfiducia che i consiglieri del gruppo di Forza Italia preparano per dare l’ultimo sgambetto all’amministrazione traballante. Una caduta che Chiapella tenta disperatamente di scongiurare chiedendo l’intercessione dei Lugarà presso i vertici di Forza Italia. Contatti che si intrecciano, a più livelli, per settimane, con telefonate, sms e incontri che vedono i Lugarà spendere tempo ed energia con un ben preciso progetto in testa: «C’ha spemimu ’sta Peschiera Borromeo» dice Giovanni. E fa riferimento ad una cava, forse una cascina, «oh se questa cosa va… secondo me… se riusciamo». Gestione della spazzatura, ma un pensierino anche per il fronte sanità. E sempre nella conversazione registrata mentre i due sono in auto si sente «(..) devi fare qualcosa per Peschiera, per la sanità, per quel c.. di coso (...) quel coso lì che vuole fare, se vuole fare la clinica… tu dici che ce l’ha agganci lì, sull’ambiente?».

I due discutono animatamente su cosa convenga fare, poi Giovanni sbotta «tanto tre anni dobbiam cercare di vedere di portare a casa il più possibile… devi vedere di fare un ragionamento così… se lui vuole ancora (..) vicepresidente dai… dici Mario (Mantovani, ndr) intanto che abbiamo questa bella aziendina pulita, fresca… lavoriamo, guadagniamo tutti e due».

E continua «per dire gli facciamo prendere tutto Peschiera e l’altro comune (..) oh non è che giriamo a gratis noi eh». E del resto, dicono ridendo i due «questo vuole mangiare… te lo dico io»… riferendosi a un non identificato interlocutore che ha però, a quanto emerge, ampie mire sulla città di Peschiera.

Città, dice adesso con rammarico e dolore il sindaco Caterina Molinari «violata, irrisa e spremuta». Molinari, che nel 2015 aveva rimesso le deleghe a cultura e sport (dopo l’allontanamento dell’assessore ai lavori pubblici e con analoga decisione presa da Danilo Perotti, allora assessore al bilancio) non nasconde il rammarico per una politica che «ha spremuto e violato la nostra città. Sarebbe troppo facile – dice adesso Molinari – dire che lo avevamo detto, ma finito il rammarico, il dispiacere e la rabbia c’è da rimboccarsi le maniche e continuare il lavoro che da un anno stiamo portando avanti». Con un imperativo: «Costruire assieme un argine invalicabile contro tutti i tentativi di infiltrazioni».

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