Non esiste al mondo niente di più bello dell’arcobaleno: un arco immateriale proteso nel cielo, un tripudio di colori rubati alle profondità marine, ai fiori più leggiadri, al fuoco vivo dei vulcani. Spettacolo arcano della natura, che allieta l’anima e apre il cuore alla fiducia e alla speranza.
Non si fa fatica a vederlo, basta alzare lo sguardo, quando il brontolio del tuono si quieta e le nubi si squarciano lasciando intravedere pennellate d’azzurro. Sta lì ad annunciare ai viventi che il pericolo è cessato e che il tepore dei raggi solari torna a fecondare la terra.
Ecco, il suo irreale chiarore richiama alla memoria uno dei passi più avvincenti della Bibbia, quello in cui Dio promette a Noè e ai suoi figli che non ci saranno più diluvi sulla terra e che l’arcobaleno sarà il segno tangibile del “patto perpetuo tra Dio e ogni essere vivente, di qualunque specie che è sulla terra” (Gn 9, 16).
So che è cosa vana e segno di presunzione cercare nelle Sacre Scritture un significato o messaggio nascosto, ma c’è in questo patto di alleanza tra la potenza di Dio e la fragilità della vita qualcosa che suscita curiosità e interesse, nei credenti e nei non credenti. È forte il rischio di cedere a interpretazioni ingannevoli, perciò è bene tenere a mente gli ammaestramenti di S. Agostino, secondo cui ogni riflessione diretta a una più profonda conoscenza della parola di Dio deve essere fatta in piena umiltà, nella consapevolezza dei limiti umani e al solo scopo di fare della ricerca interiore un atto d’amore e condivisione (Le confessioni, 3.5.9., 11. 2. 3.). Due sono gli aspetti che a mio avviso vanno messi in evidenza. 1. Simbologia dell’arcobaleno. 2. Natura del patto.
Non c’è alcun dubbio che l’arcobaleno è un segno il quale avverte che Dio è presente nel mondo e nella storia. “Quando (...) si vedrà l’arcobaleno nelle nubi, allora io mi ricorderò del patto fra me e voi e tutti gli esseri viventi di ogni specie”, dice il Signore (Gn 9, 14-15). Perché, mi domando, l’arcobaleno e non invece un qualsiasi altro fenomeno naturale? Il motivo è semplice: esso si impone alla vista per la sua sfolgorante bellezza e la magica tavolozza di colori. Tutto ciò che è bello e armonioso discende dal Creatore. Penso, però, a un secondo motivo più rilevante sul piano logico e concettuale. Se si guarda alla natura, non con il cuore o il sentimento, ma con l’occhio della mente, non si può non constatare che l’arcobaleno è causato dalla rifrazione della luce solare in un’atmosfera carica di umidità. Sotto tale profilo, l’arcobaleno potrebbe esprimere la dimensione fisica e meccanica dell’universo, che non è percepita dai sensi, ma è illuminata dalla scienza.
Dalle considerazioni sopra espresse è lecito desumere che il patto stabilisce lo speciale rapporto di amore e conoscenza che lega gli uomini a Dio e che tale rapporto è rappresentato dall’arcobaleno, quale simbolica chiave di interpretazione del mondo fisico, sottoposto alle leggi naturali.
Come si attua tale rapporto e perché Dio si fa vedere e conoscere dagli umili, negandosi invece ai dotti e ai sapienti, secondo quanto affermano insistentemente le Scritture, fa parte di un insondabile mistero: l’enigma più grandioso e sconvolgente dell’universo, della vita e della storia umana. Bisogna sottolineare che Dio stabilisce il patto con il genere umano e con gli altri esseri animati che vivono accanto all’uomo: “uccelli, armenti e tutte le bestie della terra ... e ogni specie di animali terrestri” (Gn 9, 10). Tra Dio e le specie animali c’è dunque un rapporto diretto che non è mediato dai poteri dell’uomo. Questo rilievo riveste grande interesse sotto l’aspetto biologico e naturalistico, perché il patto conferisce una pari dignità e libertà alle creature umane e al mondo animale, in quanto appartengono alla vita. All’uomo è riservato il dominio sulla terra e sugli animali, secondo l’esplicito comando del Signore (Gn 9, 7), ma esso deve essere esercitato in coerenza con le finalità del patto e secondo il principio di responsabilità. Pertanto, commette peccato chi causa sofferenza alle bestie, distrugge le foreste e gli habitat naturali dove esse trovano riparo e protezione, impoverisce o distrugge la biodiversità.
È augurabile che al rispetto della biosfera si ispirino i comuni cittadini e che lo stesso fronte ambientalista si carichi di un maggior significato etico e spirituale.
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