La testimonianza del missionario rapito: «Non imprigionate nessuno con il pregiudizio»

La riflessione di padre Maccalli a Boffalora d’Adda: «La pace si fa con le opportunità, non con le bombe»

Missionario della “Società missioni africane”, padre Gigi Maccalli della Diocesi di Crema era stato rapito in Niger al confine con il Burkina Faso nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018 mentre prestava la sua opera a favore della parrocchia Bomoanga della Diocesi di Niamey: «Da uomo libero oggi mi impegno a spezzare le catene dell’odio e i muri dell’intolleranza», ha raccontato domenica mattina ai fedeli della parrocchia di Boffalora d’Adda.Nella sua omelia un invito alla fraternità tra le persone e i popoli: «Dopo l’esperienza della prigionia di due anni e più, oggi dico: non incatenate mai nessuno nè con le catene di ferro nè tantomeno con le etichette del pregiudizio. Siamo tutti fratelli - ha detto il sacerdote -: non sono mai stato picchiato o torturato ma ho ricevuto parole di odio e disprezzo che mi hanno ferito profondamente». “Kafir” ha ricordato il sacerdote: «Un miscredente, un buono a nulla se non all’inferno e oggi, sentire affermazioni di oltraggio sui migranti, dalla politica, allo sport, in famiglia, fa male. Credo che la pace non si fa con le bombe nè con operazioni militari - prosegue: credo che vadano cercate nuove opportunità, le regole di restringimento del flusso migratorio non tuteleranno l’Europa». Infine, il sacerdote ha parlato di un dono guadagnato dopo anni di prigionia: uno sguardo nuovo sul valore del rispetto della vita e delle persone. «La fede non è unicamente un’esperienza di luce e chiarezza - ha detto il parroco Andrea Legranzini in apertura della funzione -: anche i momenti bui e di dolore aiutano a maturare esperienze di comunione e di incontro con il Signore» ha concluso, ricordando gli anni trascorso insieme in seminario, vicini di classe.

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