La sfida del secolo: ridurre il riscaldamento

L’inversione di rotta sul clima è la sfida del XXI secolo, l’eredità positiva per la sopravvivenza del pianeta da lasciare alle future generazioni. Realizzare l’Accordo di Parigi, che prevede di ridurre le emissioni di gas serra per contenere l’aumento della temperatura del pianeta al di sotto dei 2 gradi centigradi già dal 2020, è quindi un imperativo necessario. Non ci sono alternative. Non ha dubbi Christiana Figueres, un’autorità mondiale in materia. L’esperta è stata segretario esecutivo della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici e oggi è responsabile di “Mission 2020“, un nuovo metodo di collaborazione che riunisce istituzioni, governi e settore privato nello sforzo di raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni che provocano il riscaldamento globale entro il 2020. Figueres ha seguito tutte le conferenze delle parti a Cancun, Durban, Doha, Varsavia e Lima fino agli storici Accordi di Parigi del 2015. Nei giorni scorsi era a Roma per partecipare ad un evento organizzato da diverse realtà cattoliche alla Pontificia Università Lateranense.«L’azione sui cambiamenti climatici - dichiara - è assolutamente urgente: stiamo decidendo del destino di 1,3 miliardi di persone in povertà estrema in tutto il mondo. Se non agiamo ora e rapidamente continueranno ad essere in questa situazione per moltissimi anni. L’unico modo per uscirne è arrestare l’impatto peggiore dei cambiamenti climatici e permettere a queste persone di avere un lavoro, energia, sicurezza alimentare. Dopo l’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” la Santa Sede ha molti ruoli diversi, tra cui quello di richiamare alla morale in tutto il mondo, come abbiamo visto nella “Laudato si’”, che ha contribuito all’Accordo di Parigi. Può anche supportare la creazione di posti di lavoro e la transizione dei posti di lavoro nell’industria dei combustibili fossili verso la nuova economia, le energie rinnovabili».Il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump non crede nel cambiamento climatico e minaccia di far saltare l’accordo. «A tale proposito - aggiunge Christiana Figueres - se vuoi vedere i segni li vedi. Non bisogna andare troppo lontano per rendersene conto. Non si tratta di un credo o di un dogma. Si tratta solo di vedere cosa sta accadendo. I primi segnali non sono incoraggianti: tra i suoi ordini esecutivi c’è anche quello che riguarda i lavori per la costruzione di due oleodotti, tra cui quello che passa sulle terre dei Sioux di Standing rock, bloccato da Obama perché inquina le acque e le terre sacre dei nativi. Sono preoccupata per l’economia Usa che rischia di bloccare i passi in avanti fatti finora e le transizioni su cui tutti gli altri Paesi stanno invece spingendo».Quanto al ruolo dell’Onu, dei governi e degli altri attori della società civile, comprese le imprese, per raggiungere gli accordi - sostiene Christiana Figueres - le Nazioni Unite continueranno il lavoro che stanno facendo da 20 anni, ossia sostenere i governi nazionali, fare accordi e continuare a supportarli nell’implementazione degli Accordi di Parigi. Allo stesso tempo ci rendiamo conto che non contano solo i governi nazionali, c’è molto di più. E’ ciò che riguarda la cooperazione, gli investimenti finanziari e quello che noi come singoli cittadini possiamo fare.La sfida del XXI secolo richiede la partecipazione di ciascuno. Le Nazioni Unite continueranno a far sventolare questa bandiera e noi dobbiamo continuare a mobilitarci, al di là dei governi nazionali, per riuscire a vincere la sfida in tempo. Vista la situazione geopolitica attuale, dobbiamo assolutamente farcela a realizzare gli Accordi di Parigi. Non è in discussione se vogliamo o non vogliamo realizzarli: abbiamo una responsabilità morale fondamentale e dobbiamo farlo per tempo. Non c’è altra strada».

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