La guerra ai terroristi è nella Rete

Dopo i terribili fatti di Parigi, i video on-line che, con un ritmo quasi quotidiano, mostrano le barbarie compiute dagli estremisti islamici dell’Isis e il proliferare del fenomeno del reclutamento di foreign fighters attraverso il web, l’Italia corre ai ripari. Il Decreto antiterrorismo approvato dal Consiglio dei ministri nelle scorse settimane dichiara guerra agli estremisti non solo in carne ed ossa, ma anche alla rete di proselitismo digitale. La prima a muoversi è stata la Francia. Nei giorni subito successivi alla strage di Charlie Hebdo, da Oltralpe sono corsi ai ripari con provvedimenti speciali che cercano di mettere un argine al fenomeno del terrorismo on-line. Il Decreto 2015-125 prevede una rapida reazione, bypassando la magistratura ordinaria, per chiudere i siti internet sospettati di fare proselitismo: la pagina web può essere bloccata in appena 24 ore senza dover attendere la decisione di un giudice, è la Polizia Nazionale (Ufficio centrale per la lotta contro la criminalità connessa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione) a stabilire se un sito va chiuso o meno. Ad eseguire l’ordine della Polizia Nazionale sono gli Operatori di Telecomunicazioni, che escludono la possibilità per i propri clienti di accedere ai siti internet inclusi nelle black list predisposte allo scopo (liste nere che gli Internet Service Provider (Isp) non possono né modificare né rendere pubbliche). Dura la reazione degli attivisti per le libertà in Rete alla firma del decreto da parte di Hollande e del primo ministro Manuel Valls: “Il provvedimento - dichiara ‘La Quadrature du Net’ (la più importante associazione francese che si occupa di difesa delle libertà digitali) - crea solo l’illusione che uno stato stia agendo per la nostra sicurezza, mentre in realtà fa un passo avanti nel minare i diritti fondamentali online. Dobbiamo portare questo decreto davanti al Consiglio di Stato per farlo annullare”. Nel Regno Unito il dibattito non ha portato ancora ad una presa di posizione del Governo Cameron, mentre l’Italia ha approvato nelle scorse settimane il Decreto Antiterrorismo: più poteri e strumenti per i servizi segreti, un nuovo reato correlato all’espatrio per combattere (con pena massima di 10 anni per i “lupi solitari”) e specifiche misure anche per la Rete. Lo strumento previsto dal Decreto italiano è molto simile a quello d’Oltralpe: i siti saranno oscurati non appena verranno inclusi in una apposita black list, ma nella versione nostrana i giudici conservano un ruolo di garanzia. La black list dei siti “sospettati” sarà sempre redatta dalle forze dell’ordine (sarà probabilmente il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche, Cnaipic, ad occuparsene), ma spetterà poi all’Autorità Giudiziaria “approvare” la lista e dare l’ordine ai Provider di oscurare il sito.I due Decreti lasciano entrambi diversi spazi di ambiguità che rischiano di depotenziarli in sede di applicazione (con l’esclusione dei casi più “palesi” è sempre difficile tracciare il confine tra libertà di pensiero ed apologia del terrorismo), ma il segnale è chiaro: l’Europa vuole reagire, e duramente. A confermarlo è anche l’iniziativa congiunta dei ministri degli Interni di diversi paesi europei (tra i quali il Regno Unito, la Germania, l’Italia, la Danimarca, la Francia e l’Olanda) che hanno preso carta e penna ed hanno scritto una lettera ai principali Isp del vecchio continente: “nel più serio rispetto dei principi fondamentali di libertà e nel rispetto della legge” i Provider dovrebbero “creare le condizioni per un più veloce sistema di segnalazione di materiale che incita all’odio, nonché un sistema per agire per la loro rimozione ove appropriato”.

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