La Fiap di Codogno: «Che fatica per assumere»

Dici «tubo di plastica» e pensi «E vabbè, e che sarà mai?» e invece no. Invece dietro quello che sembra il prodotto più banale e ovvio che possa uscire da una macchina ci sono tecnologia, brevetti, intuizioni, ricerca e – suona strano – perfino fantasia. Alla Fiap (Fabbrica italiana applicazioni plastiche) di Codogno sulla versatilità di questo oggetto la famiglia Locatelli ha costruito una realtà capace di dare occupazione a 50 persone e di raggiungere posizioni di eccellenza e di presenza in mercati esteri riconosciute anche dalla Regione Lombardia da cui è arrivato nelle scorse settimane il premio “Rosa Camuna”, uno dei due (l’altro è stato conferito all’Erbolario) della provincia di Lodi. Tecnologia e fantasia, si diceva: «Qui realizziamo dal tubo di uscita fumi della caldaia di casa al tubo usato come missile antigrandine, da quello impiegato per srotolare le bobine di erba sintetica per i campi di calcetto al microtubo utilizzato per inserire le fibre ottiche nelle guaine. Le possibilità di impiego sono infinite, dal settore farmaceutico a quello edile, e noi siamo in grado di rispondere a ogni richiesta del cliente». A parlare è Nicola Locatelli, titolare con il fratello Marco della società creata dal padre Danilo (ritratto in un quadro su una parete dell’ufficio) nel 1963, una realtà nata e cresciuta, nei primi tempi, quasi come un’attività “part time”. «Nostro padre, che era nato note 1934 a Erba, nel Comasco, si trasferì a Piacenza nel 1963 per sposare nostra madre Bianca Guzzoni – racconta Locatelli –. Lavorava nel settore della plastica presso varie società e quell’anno decise di mettere a frutto i risparmi e l’esperienza maturata per creare una società sua. Aprì la Fiap in un piccolo capannone a Casalpusterlengo in via Morisi, di fronte al Cesaris», In quella struttura, ancora oggi esistente, ci lavoravano un tecnico e un impiegato. Danilo Locatelli, defunto un paio di anni fa, ci trascorreva le notti in quanto aveva deciso di mantenere comunque il lavoro presso terzi. Nei primi anni Settanta il primo salto di qualità con il trasloco in un capannone più grande in via Galimberti, sempre a Casalpusterlengo, l’assunzione di sei dipendenti e la scelta di Locatelli di dedicarsi a tempo pieno alla sua creatura. La quale, 25 anni fa, si trasferisce definitivamente a Codogno in 30mila metri quadrati nel polo industriale alle porte del villaggio San Biagio. «Da allora abbiamo avuto una crescita esponenziale - spiega il figlio Nicola – passando da una dimensione artigianale a proporzioni aziendali». Merito anche di un’intuizione del padre, sviluppata negli anni del trasloco da Casalpusterlengo a Codogno: «Fino ad allora aveva realizzato tubi per l’edilizia. A un certo punto si rese conto che i tubi di plastica avrebbero potuto essere impiegati con successo anche nel settore degli imballaggi». L’intuizione era questa: tutto ciò che è imballaggio e che nasce da una pellicola (dalle confezioni di plastica dei medicinali alle etichette delle bottiglie del latte) ha bisogno di una bobina per essere realizzata e ogni bobina ha bisogno di un tubo attorno al quale essere avvolta. Tubo che solitamente era di cartone: Danilo Locatelli comprende che sostituirlo con uno di plastica può avere costi maggiori per il cliente ma le prestazioni sono certamente migliori. Da lì in poi non ci sono limiti alla fantasia: dall’impiego per le bobine (da quelle per imballaggi ai teli da pacciamatura usati in agricoltura a quelle per i campi sintetici di calcio) si è passati ai tubi per le caldaie (esistono cinque aziende che li vendono in Italia, la Fiap le rifornisce tutte e cinque) a quelli, con diametri microscopici, usati per introdurre le fibre ottiche nelle guaine a quelli, con una composizione adatta a deflagrare in micro parti, impiegati per realizzare i missili anti grandine. Si evolve la tecnologia e si evolvono i materiali usati, con l’impiego di polietilene e polipropilene. Resta l’attenzione al cliente, il rispetto dei tempi di consegna («Se si vuole lavorare con l’estero è la prima cosa, in Paesi come la Germania non ti perdonano il minimo ritardo»), la qualità e la specializzazione in settori anche di nicchia che non hanno conosciuto la crisi, come il farmaceutico. Se oggi l’azienda è in ottima salute - tanto da assumere venti persone in un biennio - e attende l’arrivo della terza generazione dei Locatelli (Francesca e Matteo, figli di Nicola, e Mattia, figlio di Marco) è anche merito di questo. Che poi riuscire trovare giovani volenterosi e seri da assumere tra quelle venti persone sia invece un’impresa difficilissima è un altro discorso. Ne parliamo qui sotto.

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Dieci persone assunte nel 2016, altre 10 che saranno assunte entro la fine del 2017 per coprire ritmi di lavoro che dal febbraio 2016 a oggi impegnano personale e macchinari ventiquattr’ore al giorno, sette giorni su sette: è la scelta della Fabbrica italiana applicazioni plastiche (Fiap) di Codogno per fare fronte alle richieste dei clienti, richieste che l’azienda ha saputo moltiplicare, in anni di crisi, puntando su specializzazione, qualità e puntualità nel rispondere alle commesse ricevute. Parrebbe tutto perfetto e invece un intoppo c’è: «Sembra incredibile ma non troviamo giovani che vogliano venire a lavorare da noi - spiega Nicola Locatelli, titolare con il fratello Marco della società codognese che produce tubi plastici -. Dei dieci dipendenti assunti nel 2016 almeno sette hanno più di 35 anni, in alcuni casi con un’età che arriva ai 45». Il motivo, manco a dirlo, sono i turni di lavoro: «La domanda che mi sono sentito fare decine di volte, durante i colloqui con i ventenni è “Ma si lavora anche il sabato sera? Anche la domenica?” – prosegue Locatelli -. Se una persona adulta e magari già sposata mi pone il problema durante il colloquio, invece, di solito è perché ha difficoltà a conciliare i tempi con la gestione della famiglia ma a parte questi casi vedo da parte delle persone dai 35 anni in su la consapevolezza della necessità di fare qualche sacrificio». A fronte, va detto, della certezza di un posto fisso: «In molti casi assumiamo direttamente noi a tempo indeterminato, in altri c’è un passaggio di alcuni mesi con agenzie interinali ma se la persona è seria e ha voglia di lavorare qui da noi lo spazio lo trova. Serietà e voglia di imparare, questo chiediamo». La formazione si fa al banco di produzione, peraltro senza ricorrere a giri strani e contratti farlocchi: «Oggi come in passato non abbiamo mai sfruttato contratti come quelli di formazione per prendere gente da lasciare a casa dopo qualche mese – assicura Locatelli -. Qui per insegnare il lavoro a un nuovo assunto ci impieghiamo un anno. Le pare che dopo questo tempo lascio a casa la persona per prendermi un altro che non sa nulla del mestiere e ricominciare da capo? Me lo tengo ben stretto un dipendente così. Serietà e voglia di lavorare, se ci sono queste cose qui di spazio ce n’è».

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