Il 26 giugno è stata la giornata internazionale contro la droga, voluta nel 1987 dall’assemblea generale dell’Onu per combattere i traffico e il consumo di stupefacenti. Non fa più notizia la dipendenza alle droghe, mentre la catena delle dipendenze è presente e lega sempre più la nostra esistenza come “esistenza drogata”. Pensiamo solo alla dipendenza dal cellulare, da internet, dallo shopping, dal cibo, dalle «slot-machine» che si trovano ormai in tutti i bar. Si può diventare dipendenti persino dal calcio, delle serate in discoteca con gli amici o dai social network. Insomma, pare proprio che ai giorni nostri sia difficile non essere dipendenti da qualcosa. Tutti noi abbiamo a che fare con un vuoto interiore che cerca di essere in qualche modo colmato. Lo scenario di oggi racconta di una persona che ha perso l’orientamento, che cerca il senso autentico della propria vita lontano dagli unici riferimenti veri in cui potrebbe trovarlo: il mondo interiore, le conoscenze, i sentimenti, i desideri, le scelte. Le persone sono alla continua rincorsa di obiettivi esterni: ma l’esterno costituisce esclusivamente la cornice dell’esistenza e alimenta un senso di vuoto che pare non colmarsi mai. Così si è sempre lontani dall’esprimere se stessi, la propria vera natura e i talenti che custodisce. Non stupisce allora che, in questo stato in cui si pensa che solo da fuori possa giungere una risposta alla nostra ricerca di senso, si accettino soluzioni miracolistiche come le droghe o le dipendenze. La vita appare come magica, con racconti fantastici che promettono di darci tutto ciò che desideriamo. Ma che, purtroppo, non funziona.

E’ necessario per metterci in salvo, metterci alla ricerca della nostra interiorità, In che modo? Dedicando più spazio a tutte quelle attività che aiutano a entrare in contatto diretto con i pensieri, i vissuti, i legami affettivi interiori. Ognuno ha la propria modalità di accesso allo spazio intimo dell’anima. Tutto ciò che è rimasto impresso in noi serve, dà l’opportunità di ritrovare la gioia di vivere, perché crea un ponte con realtà in cui viviamo. Permette di calarsi in un mondo interiore ricco di mistero, dove tutto può cambiare da un momento all’altro. Insomma è necessario favorire quelle attività che creano un senso di meraviglia e di stupore. Solo osservando la realtà come se fosse sempre la prima volta, si spezza la catena delle dipendenze e si contempla il fascino della libertà. Drogarsi o bronzarsi, buttare nel proprio corpo tossine dannose sono costumi diffusi, tollerati. A volte un gioco, terribile però. Mai come ora i limiti sociali persistenti, il male presente dove viviamo, ricevono il tacito assenso o peggio si vuole che siano legittimati, legalizzati.

Ne consegue che le proposte assurde di togliere ogni divieto al possesso, al consumo e persino al traffico di sostanze stupefacenti, trovino sostenitori sempre più numerosi. La tesi degli antiproibizionisti può essere riassunta in queste poche parole: legalizzare le droghe è togliere alla mafia il traffico clandestino. Ancora una volta al primo posto ci sta il crimine da perseguire non la persona da tutelare. La droga libera, accessibile ovunque è una strage legittimata, di vite s’intende. Parliamone, non con la presunzione di risolvere il problema, ma solo per mettere a conoscenza la persona che drogarsi è bello, piace, fa parte di un gioco di emozioni forti. C’è un piccolo (per modo di dire) inconveniente, che la droga è come una catena nella psiche di cui dobbiamo liberarci.

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