La crisi non dà scampo alle ditte

Sempre più duri, e per tutti. Sono gli effetti della crisi sulle imprese lodigiane, dal manifatturiero al commercio e i servizi, vittime anche quest’anno di uno stillicidio di chiusure che aumenta l’allarme sulla tenuta del tessuto imprenditoriale in provincia. L’ennesima amara conferma arriva dai dati diffusi dalla Camera di commercio di Lodi sulle diverse procedure fallimentari consumatesi nei primi nove mesi dell’anno nel territorio: ben 80, contro le 58 del medesimo periodo del 2010, dato che se associato a quelli recentemente diffusi dalla Camera di commercio di Monza e Brianza (321 aziende chiuse in provincia di Lodi) rende ancora più cupo lo scenario economico locale.

Nel dettaglio, il sintomo più evidente del cattivo stato di salute del sistema imprenditoriale lodigiano è dato dai fallimenti, schizzati dai 35 del 2010 ai 52 dell’anno in corso. Un’inquietante debacle, il cui peso si è abbattuto soprattutto sulle società di capitale (42 fallimenti) e ha visto quasi triplicare anche la quota di società di persone costrette ad alzare bandiera bianca (7). Oltre ad assumere più violenza, peraltro, l’onda lunga della crisi sembra non avere risparmiato alcun settore dell’economia lodigiana; tra commercio e costruzioni, meccanica e servizi vari, i fallimenti hanno coperto uno spettro estremamente articolato di attività.

Complice la perdurante “crisi del mattone”, comunque, il prezzo più caro sembra essere quello pagato dall’ampio aggregato dell’edilizia: allargando il comparto dalle classiche imprese di costruzioni alle società immobiliari, fino a chi si occupa di ristrutturazioni, manutenzioni, verniciature e attività connesse, dal primo gennaio al settembre scorso infatti i fallimenti nel settore sono stati ben sedici. Ma il destino più ingrato si è abbattuto davvero su chiunque, dai grandi centri della Bassa all’Oltreadda, passando per il capoluogo, per il Santangiolino e i paesi verso i confini con il Sudmilanese. Una mazzata, specialmente tra le imprese specializzate nell’impiantistica di vario tipo e nella carpenteria, che hanno registrato ben 8 fallimenti, seguite da quelle del commercio, all’ingrosso e non, tra le quali i fallimenti sono stati cinque. E ancora vittime nei trasporti, nelle pulizie, nella meccanica e nell’elettromeccanica, fino alle produzioni alimentari, al tessile, alle attività di benessere e al noleggio.

La logistica, fenomeno in criticata espansione negli anni scorsi, ha registrato due fallimenti, come due sono le attività fallite anche nella ristorazione, uno dei pochi settori vispi degli ultimi mesi. E nell’elenco non manca nemmeno il “fallimento delle istituzioni”, quale quello di Lodicom, la società partecipata che avrebbe dovuto portare internet veloce in tutta la provincia e che invece ha chiuso i battenti dopo pochi anni di sofferta esistenza. Fallimenti a parte, peraltro, al bilancio vanno aggiunte anche 22 procedure tra liquidazioni e scioglimenti (quasi il doppio di un anno fa) e altre 6 procedure di difficoltà varie (quasi la metà che nel 2010); e la crisi, purtroppo, non si ferma qui.

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