Istituzioni, una salute molto cattiva

Nella la confusione istituzionale italiana continuano a succedere cose inedite. L’ultima è stata una sorta di auto-Aventino simbolico. Un Aventino freddo, si potrebbe dire. Nulla, se non il nome per assonanza, ha in comune con quello drammatico di quasi un secolo fa, organizzato dall’opposizione. È stata piuttosto un’inedita serrata del Parlamento, proposta da una parte rilevante della maggioranza. Il Pdl l’ha presentato come una forma di protesta per l’accelerazione del processo dei diritti Mediaset presso la Corte di Cassazione, che ha come imputato Silvio Berlusconi. In prima battuta era stata proposta addirittura la sospensione delle attività parlamentari per tre giorni. Si è arrivati ad un giorno al Senato e ad un rinvio alla Camera. Non sono mancate furibonde polemiche e ci sarà spazio per valutare il significato di questi passaggi senza precedenti. Ma la maggioranza ha dimostrato, sull’orlo del baratro, una considerevole tenuta.Nervi a fior di pelle dunque da ogni parte, ma ancora piuttosto saldi. Quindi mosse e contromosse, in un guazzabuglio di cui è vano rincorrere il filo logico. E su cui è impossibile fare previsioni, tanti sono gli interessi in gioco e in conflitto, le logiche a confronto, i piani che si intrecciano. Insomma, senza fare moralismo a spanne, che è sempre inutile e ora lo è più che mai, l’unico dato certo è il cattivo stato di salute sistemico delle nostre istituzioni. E questo non vuol dire solo sistema politico, ma sistema dei rapporti tra i poteri, in conflitto ormai da lustri. Così ancora si torna a guardare al Colle, all’inquilino del Quirinale come riferimento di moderazione, come bussola in una nebbia fitta. Giorgio Napolitano ritorna in servizio permanente effettivo, come oramai ci ha abituato ed è stato richiesto di fare. Ennio Flaiano aveva sintetizzato, in un celebre e citatissimo aforisma, lo spirito pubblico, per cui sempre “la situazione politica in Italia è grave ma non è seria”. Dove questo aggettivo significa forse soprattutto che non bisogna prenderla mai troppo sul serio. Se questo può valere per la politica e per i suoi protagonisti, vecchi e nuovi, purtroppo non vale per i dati strutturali della crisi. Anzi, proprio la crisi impone alla politica nuovi compiti e nuove responsabilità. Dal febbraio scorso, dall’apertura delle urne, abbiamo visto che in tanti tentennano dinanzi alle responsabilità, ma, sull’orlo del baratro, hanno un sussulto, ci riescono, sia pure con tante, forse troppe fibrillazioni e retropensieri. In termini burocratici giudiziari abbiamo imparato che si chiama “periodo feriale”. Altro che ferie. Ora tocca aspettare pazientemente la data fatidica del 30 luglio e le decisioni della Cassazione sul caso Mediaset.

© RIPRODUZIONE RISERVATA