Il vescovo a Mairago per San Fermo benedice l’ulivo per le vittime Covid

Domenica mattina la celebrazione presieduta da monsignor Malvestiti per il patrono, protettore dalle malattie

«Ogni martire conferma la vicinanza di Dio al suo popolo. I martiri di ogni tempo sperimentano la misericordiosa mitezza di Dio. San Fermo ha dato testimonianza con il martirio, ma non si è improvvisato nella fedeltà. La misericordia mite e forte noi la riceviamo in ogni Messa: un incontro che ci apre alla carità cristiana, quella carità che si lascia interpellare dalla quotidianità che ci viene posta davanti. Come è avvenuto nel tempo della pandemia. E non possiamo non pensare al Libano, terra di numerosi cristiani: che la convivenza apra a orizzonti di serenità». Così il vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti ieri mattina a Mairago, presiedendo la Messa delle 10.30 nella sagra di San Fermo.

Compatrono della parrocchia, il martire del terzo secolo è raffigurato in una statua conservata a Mairago e sembra che il culto nella comunità risalga al nono secolo. Festeggiato anche a Marne, parrocchia di origine di monsignor Malvestiti, San Fermo è invocato come protettore dalle malattie e con forte riferimento al lavoro: «A lui chiediamo la salute del corpo e dell’anima», ha affermato il vescovo, che al termine della Messa ha pronunciato la supplica al santo. A san Fermo è anche dedicato l’inno eseguito dalla corale di Mairago, mentre in occasione della sagra l’amministrazione comunale ha compiuto la tradizionale offerta dei ceri.

Presenti il vicesindaco Davide Tei e i carabinieri di Cavenago con il comandante Giovanni Silipo, la celebrazione ha visto i fedeli molto numerosi, naturalmente distanziati all’interno e seduti anche all’esterno, sul sagrato. Per tutti, il benvenuto al vescovo è stato espresso dal parroco don Bassiano Uggè, anche vicario generale della diocesi, che poi ha concelebrato con monsignor Malvestiti insieme al collaboratore monsignor Gianfranco Fogliazza e al sacerdote paolino don Roberto Ponti.

Approfondendo il tema della carità, il vescovo ha affermato: «Non basta fare qualcosa, dobbiamo fare ciò che dobbiamo e possiamo con l’aiuto del Signore. Negli ospedali, specialmente in questo periodo, quanti sono andati ben oltre il dovere per salvare vite umane? E non sono mancati coloro che hanno pregato per i morenti che spiravano senza il conforto di un sacerdote, mentre i sacerdoti celebravano senza la presenza fisica della gente ma sempre per tutti. La vera fede è porre la sicurezza solo in Dio. Che non ci abbandona e risponde alla domanda fondamentale sul senso del nostro vivere aggredendo dolore e morte per seminarvi la risurrezione». Allora, ha aggiunto, «nell’istante più buio anche noi sentiremo quel “Coraggio, sono io. Non abbiate paura”». Il Vangelo raccontava infatti della tempesta sul lago e di Gesù che sul finire della notte si fa vicino ai discepoli, camminando sulle acque. Non è mancato il riferimento a un’altra martire la cui memoria è fissata il 9 agosto: Teresa Benedetta della Croce (nata Edith Stein), patrona d’Europa, morta ad Auschwitz.

Al termine il vescovo ha benedetto l’ulivo piantato accanto al nuovo centro parrocchiale, in ricordo delle vittime del Covid e dell’impegno per quell’ecologia integrale indicata dalla “Laudato si’”.

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