IL REPORTAGE - IN AGGIORNAMENTO Torniamo in Italia insieme a una donna ucraina e ai suoi figli

La nostra inviata è arrivata con la delegazione di Tavazzano al campo profughi di Medyka per la consegna di beni di prima necessità

Sosta in Austria Prosegue il viaggio di ritorno della carovana dal confine tra Polonia e Ucraina. Attualmente il gruppo si trova in Austria, nei pressi di Vienna, e a breve ripartirà per l’Italia. Tra di loro ci sono anche Kateryna, Kyrylo e Lev, i tre profughi raccolti a Medyka e diretti a Napoli.

La partenza Un aiuto alla popolazione ucraina che non si ferma ai beni di prima necessità consegnati a Medyka, sul confine, questo pomeriggio (ieri, ndr). Siamo infatti ripartiti oggi pomeriggio per l’Italia assieme a una donna ucraina e i suoi due figli, diretti a Napoli; daremo loro un passaggio fino a Milano, dove poi proseguiranno il loro viaggio. L’esperienza del campo profughi è stata intensa e densa di emozioni profonde, difficili da scindere e razionalizzare: la rabbia alla vista di centinaia di persone arrivate con pochissimo bagaglio (a volte senza niente) per fuggire da un conflitto che non hanno voluto, empatia nei loro confronti, perché c’è consapevolezza del fatto che sono scappati dalle bombe ma dovranno affrontare ancora molti ostacoli prima di tornare a una vita simile a quella condotta in patria fino a pochi giorni fa, e ammirazione verso i tanti volontari venuti dalla Polonia e dal resto dell’Europa per fornire un aiuto.

Il confine

All’arrivo a destinazione troviamo molti mezzi parcheggiati e piccole folle composte da profughi, giornalisti e persone arrivate per offrire a questi ultimo un aiuto, che può consistere o in consegne di beni di prima necessità o in offerte di passaggi verso ogni parte del continente. Le guardie di frontiera pattugliano costantemente l’area e intervengono di tanto in tanto per dire ai pedoni di togliersi dalla strada quando transitano mezzi provenienti dall’Ucraina. I profughi continuano ad arrivare, prevalentemente a piedi e con pochissimo bagaglio.

Il campo

A pochi metri dal confine è stato allestito un campo che accoglie prevalentemente donne, bambini e ragazzi: non è una situazione facile, soprattutto per i più piccoli, e i loro occhi esprimono stanchezza e dignità allo stesso tempo. Un binomio solo in apparenza paradossale: non è raro sentire “Slava Ukraini”, ossia, “Gloria all’Ucraina”, quando qualcuno si rivolge a loro. La loro è una forma di resistenza, che non imbraccia le armi, ma si esplica nella capacità di vivere la difficile esperienza dell’esodo con coraggio e solidarietà tra compatrioti; persone che non si conoscono si scambiano infatti aiuti e parole di incoraggiamento. All’interno troviamo mucchi di abiti, prevalentemente invernali, nei quali ognuno può trovare qualcosa di cui ha bisogno, un angolo per i bambini, con un materasso e qualche peluche, dei fusti riempiti di carbone acceso per riscaldare l’aria, e tanti volontari giovani e adulti venuti da più parti della Polonia per offrire un conforto a queste persone, per esempio offrendo loro bevande calde, aiutandoli a cercare vestiti e oggetti e dialogando con chi viene alla frontiera per offrire un passaggio, in modo da poter permettere a più persone possibile di arrivare a destinazione.

Il volontariato

Tra i tanti polacchi venuti a Medyka per offrire prima assistenza ai profughi c’è Piotr, che è venuto dal nord della Nazione per dare una mano: «Le persone qui hanno bisogno di aiuto», dice quando gli chiedo perché ha deciso di non limitarsi a un contributo per una raccolta di fondi o di materiali di prima necessità ma di venire proprio sul campo. Non ho modo di fargli altre domande: i profughi continuano ad arrivare e hanno bisogno di assistenza. Ma c’è anche chi è venuto da altre parti di Europa per consegnare tutto ciò che può servire ai profughi: è il caso di Tareq Alaows e Janka Schubart, arrivati da Berlino con l’associazione Leave No One Behind, allo scopo di «dare una mano a chi subisce discriminazioni».

La consegna dei materiali

Ad accoglierci e accompagnarci da alcuni membri dell’associazione che trasporterà a Leopoli i beni raccolti dai tavazzanesi c’è Roksolana, una ragazza ucraina proveniente dalla regione di questa città che dà una mano in questo tipo di operazioni. Faccio in tempo a capire di lei solo pochi, ma significativi, dettagli: ha esattamente la mia età, e mi mostra la foto di un ragazzo («a friend», dice. Più tardi, scopriamo che un ex suo compagno di scuola è morto durante il conflitto) in divisa mimetica, presumibilmente impegnato nella resistenza. Uno scambio breve e con molti non detti, che però riesce a trasmettere molto bene l’idea dell’insensatezza e il dolore di questa e ogni guerra. Lei e altre persone ci aiutano a trasferire i beni sul furgone: tra di loro, ci sono anche i profughi a cui daremo un passaggio.

La ragazza bielorussa

Mentre trasferiamo i beni di prima necessità ci raggiungono Verena Hölzl, una giornalista freelance tedesca, e Valeria Khotsina, traduttrice freelance bielorussa che la affianca nel suo lavoro. Parlando con lei emerge la complessità di questo conflitto: «L’invasione dell’Ucraina è un atto orribile, e il mio Paese aiuterà militarmente la Russia. Gli ucraini ci aggrediscono ma noi, popolo bielorusso non abbiamo voluto questa guerra. L’Ucraina sta dimostrando fierezza, e la Russia non è un nemico così forte, anche se la sua volontà di espandersi è pericolosa. Insieme possiamo sconfiggerla».

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