Il potere inaccettabile della paura

La paura – scrive Elias Canetti – è rifluita «nell’oscurità, dove continua a operare, indisturbata e innominata». La paura ha suggerito l’accusa di stupro contro due “zingari” alla giovanissima che ha dato inizio al pogrom di Torino, la sera di sabato 10 dicembre; la paura ha fatto fuggire dal campo, situato nel quartiere operaio delle Vallette, le famiglie rom che vi abitavano, profughe dalle periferie urbane dell’Europa orientale; e ancora la paura, capace di scatenare aggressività senza controllo, ha acceso le torce nelle mani degli ultras - come definirli? - che hanno dato fuoco alle povere case del campo, al grido di «Zingari di m[…], vi ammazziamo tutti».La cronaca è nota. Vale dunque la pena di chiedersi non perché sia accaduta, ma come sia potuta accadere una simile barbarie. Intimorita per le possibili conseguenze in famiglia del primo rapporto sessuale, la giovanissima torinese ha utilizzato – con sorprendente capacità di percepire lo spirito dei tempi – le categorie dello stupro e dello zingaro, «l’estraneo tra noi» per definizione. È stata immediatamente creduta, e senza condizioni: i quotidiani hanno titolato la presunta violenza su quattro colonne, alimentando odio e rancore; le cittadine e i cittadini “perbene”, in nome della sicurezza, hanno organizzato la consueta fiaccolata in solidarietà con la presunta vittima. Vittima d’eccellenza, perché stuprata non dal marito, dal fidanzato, dall’amante, ma da uno, anzi da due stranieri, zingari per di più, che non parlano l’italiano e puzzano da morire (questa la descrizione resa dalla giovanissima). Un copione tanto banale (il cattivo odore degli stranieri) da apparire scontato, purtroppo soltanto a posteriori. Non è trascorso molto tempo dai pogrom contro i campi rom di Opera (dicembre 2006) e di Ponticelli (maggio 2008). «Riteniamo inaccettabile – scrisse allora un gruppo di associazioni lodigiane - che i peggiori stereotipi nei confronti di rom e migranti siano alimentati attraverso una campagna politica e mediatica che legittima la violenza, il razzismo, l’esclusione, individuando un “nemico interno” da respingere e isolare, in quanto considerato pericoloso e inferiore, non a caso in una fase di insicurezza sociale determinata da una pesante crisi economica». La situazione non è mutata, anzi, la crisi economica morde ora con rinnovata ferocia e il numero delle persone povere e deboli, perciò insicure, è sensibilmente aumentato anche nel nostro paese.E noi, abitanti del mondo globalizzato, abbiamo sempre più paura. Siamo letteralmente nutriti di paura: dalla politica, dai media, da noi stessi. La strategia della paura paga – e tanto - a livello politico, perché consente ai governanti di agire provvedimenti antidemocratici e, soprattutto, di consolidare il proprio potere; paga anche a livello mediatico, perché fa aumentare gli indici di ascolto e le vendite dei giornali o gli accessi ai siti web; ma non paga noi, che ne siamo vittime, e che tuttavia accettiamo in modo acritico, quasi narcotizzati e incapaci di reazione, le menzogne confezionate per tenerci in pugno. È sufficiente ripensare agli ultimi dieci anni della nostra storia occidentale: una spirale di paura di cui non vediamo la fine. Abbiamo avuto paura di Al Quaeda (e in nome di questa paura abbiamo preso parte a guerre ingiuste e sanguinose), per quanto in Europa le possibilità di essere uccisi in un attacco terroristico islamico siano bassissime (per coerenza, allora, non dovremmo neppure salire su un’automobile: le possibilità di essere coinvolti in un incidente mortale sono infatti enormemente più alte). Abbiamo avuto paura degli stranieri, dei rom, dei senza casa, e l’ossessione sicuritaria ha prodotto quel mostro giuridico che è il «pacchetto sicurezza», difficilmente applicabile in quanto in più parti anticostituzionale, comunque pesantissimo nei suoi effetti sulla vita delle persone (straniere, rom, senza casa). Ora (in ritardo), abbiamo paura della crisi economica, di perdere il nostro benessere o di impoverire. Ma poiché la crisi economica non ha volto, e poiché il volto degli esponenti della finanza globalizzata è rispettabile e rassicurante, torniamo ad avere paura degli stranieri, dei rom, dei senza casa. E a odiarli, considerandoli comunque colpevoli, evocandoli quali responsabili dei delitti più atroci (basti ricordare Novi Ligure o Erba), a prescindere da ogni dubbio, indifferenti a ogni smentita. Odiamo, in verità, anche emarginati, tossicodipendenti, detenuti. Siamo insensibili a fondi neri, falsi in bilancio, frodi fiscali - che talvolta non percepiamo neppure come reati – ma ci terrorizzano i crimini di strada, commessi da chi appartiene a quella che Vincenzo Ruggiero definisce «zona sociale carceraria», alla categoria di chi risulta ai nostri occhi penalmente pericoloso, di chi è “ultimo” (consentendoci di essere “penultimi”). La paura ha una forza rovinosa, difficile da arrestare una volta che si sia messa in movimento, perché la ragione ricorre ad argomentazioni, e le argomentazioni richiedono tempo e disponibilità all’ascolto. Troppo spesso non abbiamo né l’uno né l’altra. È più facile cedere alla paura che alimenta allarme e conflitto sociale, scatena campagne di odio e mobilita alla difesa di presunti valori identitari.Per questo, la strage compiuta martedì 13 dicembre in due mercati fiorentini non è opera di un folle armato di pistola. È opera di un uomo corroso dalla paura e saturo di aggressività, nutrite e legittimate con compiacenza da politica e media. È opera, anche, di un clima, che ne almeno è in parte corresponsabile. «L’“altro” – lo straniero, il diverso, l’emarginato – viene considerato il responsabile di ogni male e quindi da sopprimere come pharmakos purificatore» scrive Danilo Zolo nel suo bel saggio Sulla paura. I cittadini senegalesi uccisi e feriti a Firenze, vittime incolpevoli ma annunciate, erano con tutta evidenza stranieri e diversi. Neri e venditori ambulanti. Individui pericolosi e oggetto di “tolleranza zero”. Non-persone, vite non degne, non-umani… Parole che abbiamo già sentito, parole che non vogliamo sentire mai più.

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