Il pm di “Rifiutopoli” se ne va a Milano

Paolo Filippini: «È un arrivederci, e i reati ambientali non sono finiti»

«Il mio non è un addio da Lodi, è un arrivederci»: ultimo giorno di lavoro da sostituto procuratore in viale Milano, ieri, per Paolo Nicola Filippini, 39 anni, tre figli, il magistrato milanese che ha squarciato il velo sulla “Rifiutopoli” lodigiana e che da stamane è sostituto procuratore a Milano. Proprio dall’ambiente, nel territorio tempo fa dipinto in uno slogan “delle rosse presenze e dei verdi silenzi” (con riferimento a castelli e boschi, non si fraintenda...), comincia l'inevitabile intervista.

Perché ha scelto di occuparsi di inquinamento?

«Non l’ho scelto io. Arrivato a Lodi il 12 luglio 2006, il settore mi era stato assegnato dal procuratore capo Giovanni Pescarzoli. E ho cercato di seguirlo al meglio. Perché mi piace questo lavoro, con la sfida di cercare una verità che sicuramente è più facile trovare in altri ambiti giudiziari, ad esempio nei processi per stupefacenti dove “chi ha la droga in tasca perde sempre”. L’ambiente è un settore investigativo affascinante, così come per me lo è stato anche seguire il processo per falso in bilancio a carico di Gianpiero Fiorani. Sono reati più “tecnici”, ma che devono essere perseguiti».

Si dice che lei avesse lavorato all’Inps: è vero?

«Certo: mi ero laureato in legge nei termini e poi ero diventato avvocato. Ma volevo anche rendermi subito indipendente dalla famiglia e così ho anche affrontato, e vinto, un concorso da funzionario all'Inps. Lo stipendio era buono. Ma il mio sogno è sempre stato quello di entrare in magistratura. All’Istituto di previdenza sarò rimasto sì e no un anno: ho svolto anche il dottorato di ricerca in università e quindi ho vinto il concorso in magistratura».

A Milano aveva svolto l’uditorato con Ilda Boccassini, poi l’arrivo a Lodi. Che ricordo conserva del nostro territorio?

«Un ricordo buono. Spiace che mi abbiano tacciato di protagonismo: non è da me, non è assolutamente vero, non ho mai cercato la ribalta. Ci sono stati anzi tantissimi periodi nei quali il carico di lavoro in questa procura è stato tale che quasi non trovavo il tempo per alzare il capo dai fascicoli».

Ora si può dire qualcosa di più dei motivi per cui le è stata assegnata la scorta?

«No, si tratta di fatti collegati a indagini e per questo è d’obbligo il silenzio. Posso solo chiarire che non si era trattato di minacce dirette, che ne so, di teste di capretto sullo zerbino di casa. Non ritengo opportuno nemmeno rivelare se si trattasse di indagini per reati ambientali o di altro tipo».

E il suo “arrivederci”, che sicuramente per tutti i lodigiani onesti è un buon augurio, come lo dobbiamo interpretare?

«Ci saranno processi da seguire, poi, in fondo, tanti fatti di Lodi non sono così slegati da quelli di Milano».

C’è ancora qualche filone per illeciti ambientali che gli investigatori lodigiani devono battere?

«Ogni giorno arrivano in procura comunicazioni di notizie di reato di questo tipo».

E a Milano di cosa si occuperà?

«Non lo so, la sezione cui ero assegnato si è vista assorbire diverse competenze, ad esempio quelle per associazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti, dalla Dda. Non escludo però di poter essere chiamato “in affiancamento” ».

Il congedo di Filippini coincide con la notizia del probabile “stop” del processo principale di Rifiutopoli, quello che vede imputati alcuni cavatori per furti di sabbia e ghiaia nel Po, dipendenti di Provincia e Aipo, e altri cavatori per rifiuti smaltiti ai margini del “lago” di Orio Litta: uno dei tre giudici potrebbe cambiare e così dopo 15 udienze e un anno e mezzo di processo chiunque tra gli imputati in quel caso avrebbe il diritto di ripartire dall’ammissione delle prove, con una nuova sfilata di tutti i testimoni.

Gli ultimi fatti contestati datano 2007 e la prescrizione è di sette anni e mezzo.

Comunque andrà a finire in tribunale, però, le indagini hanno portato alla luce una serie di intrecci che sicuramente non hanno fatto bene né al territorio né alla salute di chi ci abita.

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