IL FUTURO DI LODI Le nostre interviste, parla Stefano Taravella VIDEO

«Il mio sogno è la realizzazione di un museo sull’acqua»

Dal progetto della “casa” per ospitare le diverse culture all’idea innovativa di un museo dedicato al valore dell’acqua. È un fiume di proposte Stefano Taravella, 70enne attuale direttore dell’Unitre (Università delle Tre età) e già vice presidente nazionale di Unicef, nonché in passato preside dell’Itis e provveditore agli studi. Per il futuro del capoluogo invita ad allagare lo sguardo, pesando ai bambini, agli anziani, agli stranieri e ai giovani. In uno slogan: «Lodi sia una città attenta e attrattiva».

Considerata la sua esperienza ai vertici Unicef, secondo lei Lodi è una città a misura di bambino?

«Credo che su questo aspetto ci siano alcune attenzioni da porre maggiormente. In generale i servizi che vengono erogati sono buoni e sono stati mantenuti negli anni. Penso ad esempio a scuole dell’infanzia aperte dal mattino al tardo pomeriggio per i bambini. Ritengo però che ci sia stata una grossa caduta, nei confronti dei bambini e degli stranieri con il caso mense, che ha messo fortemente in difficoltà le famiglie, questo è successo appena si è insediata questa giunta. Al di là di questa vicenda, che ha avuto forse un’eccessiva eco nazionale, sono convinto che il Comune di Lodi non debba essere solo un centro di erogazione di servizi, ma deve essere soprattutto un centro di proposte culturali, per cambiare mentalità, per aiutare a modificare le nostre abitudini in meglio».

Mi può fare qualche esempio concreto?

«C’è un progetto importante per Lodi che è stato lasciato a metà, o a un quarto. Ed è il completamento dell’ex Fanciullezza in strada Vecchia Cremonese. Si tratta di un edificio che ha anche un valore storico, perché lì c’era un orfanotrofio. Ora le situazioni sono cambiate e al piano terra è stato aperto l’asilo nido Carillon. Ma rimangono gli spazi di altri due o tre piani che possono essere utilizzati per i bambini e le famiglie, creando locali per il gioco, oltre che occasioni di dibattito e crescita culturale. Questa è una priorità per Lodi, perché il bambino non è solo un futuro cittadino, è già un cittadino con le sue esigenze e con i suoi bisogni di attenzione».

L’amministrazione Casanova vuole utilizzare quello spazio per la scuola superiore Einaudi. Secondo lei è una scelta sbagliata?

«Sono stato provveditore per alcuni anni. Conosco le esigenze e le necessità delle scuole superiori, in modo particolare dell’Einaudi e di converso del Cazzulani. È da anni che l’Einaudi reclama un ampliamento, ma spostarla in un edifico dove sotto c’è un asilo avrebbe un senso solo se si trattasse di una scuola ad indirizzo pedagogico. Come amministrazione lascerei quindi perdere questa ipotesi e proseguirei nel progetto di un edificio dedicato ai bambini al Fanciullezza. I più piccoli meritano uno spazio, anche fisico, per crescere con le loro famiglie».

Dal 2013 è direttore dei corsi Unitre. Cosa dovrebbe fare oggi Lodi per i suoi anziani?

«È un’altra delle attenzioni che dovrebbe avere Lodi. Tra teatrino, centro donna e gli immobili che in passato erano un monastero, tra via Gorini e via delle Orfane, c’è un patrimonio notevole che andrebbe valorizzato. Da una parte c’è l’Unitre, con una partecipazione che supera le 100 persone ad appuntamento, sopra il centro anziani che offre servizi: perché allora non pensare ad uno spazio integrato per l’invecchiamento attivo, un polo di servizi e attività per gli over 65 e oltre? È un’opportunità da cogliere».

A Lodi ci sono quasi 7mila stranieri, il 15 per cento della popolazione. Secondo lei si fa abbastanza per loro?

«La città deve essere inclusiva. Deve accogliere tutti, anche coloro che ormai sono parte di Lodi e sono venuti da altre culture. Ci sono perlomeno tre grosse provenienze nella città di Lodi: migranti dall’Africa, dal Sudamerica e dai paesi dell’Est Europa. Dobbiamo pensare anche a loro e prestare la giusta attenzione. Ecco che ricorre ancora il tema dell’attenzione in città. I migranti sono qui perlopiù per motivi economici, per migliorare le loro condizioni di vita. Occorre riflettere su percorsi di inclusione, per accogliere gli ultimi arrivati nella nostra terra. Per aiutarli ad integrarsi veramente ci vuole una “casa” delle culture, un laboratorio dove gli esponenti delle diverse nazionalità possano essere rappresentati e dare il loro contributo di progetto per la città. Se hanno bisogno di una moschea si discute, non si fanno barricate, così per gli spazi chiesti dagli ortodossi. Vanno considerati parte a tutti gli effetti di questo territorio».

Non abbiamo parlato di giovani. Lei che è stato preside e poi provveditore agli studi, cosa suggerisce di portare avanti per le nuove generazioni?

«Anzitutto direi che se i ragazzi capiscono che dall’altra parte c’è comprensione, c’è una guida dal punto di vista educativo, e autorevolezza, allora ti seguono. L’ho provato quando facevo il preside dell’Itis e mi è piaciuto molto il rapporto diretto che ero riuscito ad instaurare con diversi studenti.Venendo alle politiche sulla città, penso che sia stato un errore lasciar perdere il centro di partecipazione giovanile, il Clam. Certo, a volte le situazioni si complicano. Ma credo ci volesse uno sforzo per tenere vivo quello spazio, che era tutto sommato sano. Era un’attenzione nei loro confronti. Diversamente il rischio è che prevalga lo stile degli “sdraiati”, per citare Michele Serra. In generale andrebbero sostenute quelle realtà che danno risposte ai giovani, come gli oratori, gli scout e anche quelle più laiche come era il Clam».

Cosa intende per una Lodi capace di essere attrattiva?

«Lodi deve essere attrattiva soprattutto nei confronti della grande Milano, che vuol dire tutto il bacino della metropoli, quindi 3 milioni di persone. Partiamo da un dato di fatto: Lodi è una città di provincia, ma l’aspirazione è che non sia provinciale. Il festival della fotografia etica ad esempio è una proposta che guarda non solo al Lodigiano, ma che va oltre i nostri confini e si allarga a livello nazionale. La cattedrale vegetale era attrattiva, lì forse c’è stato qualche errore tra esecuzione e progettazione, ma creava interesse. Lodi non può attirare turisti solo con l’Incoronata o San Francesco, servono delle proposte davvero attrattive. Poi quando sono qua i visitatori apprezzano anche il nostro patrimonio artistico e architettonico. E naturalmente occorre una maggiore manutenzione di quanto abbiamo, nel senso espresso da Renzo Piano, di un atto riparativo di ciò che già c’è».

Qual è allora la sua proposta per creare interesse anche fuori dal nostro territorio?

«Io credo che per essere attrattiva Lodi dovrebbe fare qualcosa sull’acqua. Non solo infatti abbiamo un fiume, ma attorno a noi c’è una fitta rete di canali, mi riferisco a quelli della Muzza che sono un bene molto prezioso e fonte di ricchezza per il territorio. Degli studioso del Settecento vennero a studiare questa rete. Mi piacerebbe ci fosse un museo multimediale, per approfondire il valore anche mondiale che ha l’acqua, come bene primario. Si potrebbero proporre in percorsi didattici e formativi le trasformazioni ambientali, il suo valore per la vita e la funzione storica svolta dall’acqua. Il tutto potrebbe essere collegato con escursioni lungo il canale Muzza. L’assessore Ettore Fanfani, già direttore del consorzio Muzza, potrebbe essere una delle menti di questo progetto».

Lei ha proposto una giornata nazionale della resilienza dopo il Covid, perché?

«È una proposta che ho presentato al sindaco di Codogno ed è stata accolta. L’idea è che il 21 febbraio sia ricordato da tutto il Paese come la capacità che ha avuto l’Italia non solo di resistere, ma di dimostrare resilienza, quindi fare tesoro di alcune situazioni non favorevoli e utilizzarle in modo positivo. L’Italia meriterebbe una giornata così».

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