I giovani non devono più aspettare

Il 2011 porta con sé le polemiche seguite alle violenti manifestazioni studentesche organizzate in tutta Italia. La classe dirigente viene ritenuta incapace di riconoscere il disagio di una generazione legata erroneamente a Peter Pan. I giovani, ancora schiavi di un sistema sociale fondato sul precariato, sono stufi di essere considerati dei «bamboccioni», stufi di vivere continuamente un dialogo tra sordi, stufi di affrontare un futuro senza via d’uscita. Il capo dello Stato nel messaggio d’inizio anno riafferma la necessità di porre più attenzione ai giovani. Il nuovo anno inizia sotto nuovi auspici. In gennaio i presidi prendono spunto dal messaggio di Napolitano e invitano gli studenti al dialogo. Vengono proposte assemblee in sostituzione delle occupazioni, il rispetto delle regole prende il posto dell’illegalità, il confronto si sostituisce allo scontro, la ragioni degli uni vengono messe di fronte alle ragioni degli altri. Intanto il Codacons prende l’iniziativa di una class action gratuita contro il Ministero della Pubblica Istruzione per denunciare l’abuso di contratti a tempo determinato nella scuola. Il problema del precariato sale in cattedra in tutta la sua drammaticità e da problema specifico diventa problema sociale. In Febbraio l’attenzione di alcuni quotidiani cade sulla condanna comminata a due studenti minorenni di Bassano del Grappa accusati di rapina ed estorsione nei confronti di alcuni loro coetanei. I due ragazzi vengono condannati dal giudice ad andare a messa per un anno. Un percorso espiativo che non trova tutti d’accordo. Per le autorità ecclesiastiche del posto «non si può imporre la fede come pena». Il confronto è serrato tra psicologi e pedagogisti. Intanto a Marzo due fatti si impongono all’attenzione del mondo scolastico. Il crocifisso nelle aule scolastiche e i tagli imposti dalla Gelmini. Per il primo avvenimento sale agli onori della cronaca la delibera della Corte Europea di Strasburgo secondo la quale «il crocifisso alle pareti di un’aula scolastica non viola la libertà di pensiero degli alunni, né quella di educazione esercitata dai loro genitori e lo Stato non ha alcun obbligo di rimuoverlo». Esultano i cattolici, tira un sospiro di sollievo il Ministro Gelmini, accoglie con gaudio la delibera la Conferenza Episcopale Italiana. Di ben altra natura l’annuncio del ministro Gelmini dato a Firenze in occasione di un convegno. Il governo ha deciso di procedere con i tagli delle cattedre visti dal ministro come un piano di razionalizzazione che porterà qualità e risorse alla scuola. Parola d’ordine di studenti, genitori e sindacati è «la Gelmini va fermata» e scatta la protesta contro la politica dei tagli. Si comincia a parlare di «classi pollaio», di tagli lineari anche su alunni disabili, di tagli alle risorse sulla sicurezza. La scuola entra in subbuglio e la protesta dilaga. In aprile un fatto di cronaca giudiziaria cattura l’attenzione del mondo della scuola. Si torna a parlare delle due maestre della scuola materna comunale «Sorelli» di Brescia assolte in tutte i tre gradi di giudizio e ora risarcite per ingiusta detenzione. Le due maestre erano finite agli arresti per abuso su minori, un’accusa infamante che aveva causato la perdita del posto di lavoro. Un calvario durato sette anni concluso con la piena assoluzione. Per i giudici «il fatto non sussiste». Si conclude così un iter mortificante per le due maestre il cui risarcimento economico concesso non potrà mai restituire serenità e dignità fortemente umiliate. Nello stesso mese si comincia a parlare di un nuovo concorso per dirigenti scolastici. In maggio scoppia nuovamente la polemica legata alla valutazione. Nel mirino di docenti e genitori finisce l’«Invalsi», l’Istituto Nazionale di valutazione del sistema degli apprendimenti. Un sistema ritenuto non in sintonia con le aspettative della didattica. La principale accusa che viene mossa è che i quiz non possono sostituirsi ai percorsi didattici. Se si è d’accordo sulla valutazione, non si condivide la modalità imposta. Ma per la Gelmini «indietro non si torna». Giugno è il mese della maturità. Come ogni tradizione che si rispetti, le aspettative vanno deluse. Il tema sul rapporto tra l’uomo e il cibo è quello più gettonato anche se un certo interesse suscita la traccia che chiede di riflettere sulla fame di celebrità così sentita dai giovani. In luglio arriva la sentenza del crollo del soffitto della scuola di Rivoli dove morì uno studente di 17 anni. Un funzionario della Provincia di Torino viene condannato. Il fatto porta in primo piano la sicurezza nelle scuole. Parte un’indagine capillare promossa dal Ministero. Agosto porta con sé una buona notizia. Scatta la procedura per 67 mila nuove assunzioni in ruolo nella scuola. Una boccata d’ossigeno che rende giustizia a tanti precari. In settembre, alla vigilia dell’apertura di un nuovo anno scolastico, il ministro Gelmini annuncia l’avvio di una nuova cultura circa la valutazione degli insegnanti. Comincia a farsi strada la valorizzazione del merito. Per il ministro non è giusto che tutti gli insegnanti debbano prendere lo stesso stipendio. Occorre riconoscere le diversità che esiste tra docenti. Lo slogan è più soldi ai più preparati. Ottobre è il mese dell’avvio del concorso per dirigenti scolastici. Tra polemiche e ricorsi prende il via la prima prova a quiz da cui uscirà un esito disastroso. Due terzi dei candidati vengono, infatti, fermati alla prima prova. Il clima si arroventa, numerosi i ricorsi al Tar. Si rischia il caos. Novembre porta con sé il governo dei professori. In viale Trastevere si insedia il prof. Francesco Profumo, nuovo ministro all’Istruzione. La prima dichiarazione? «Voglio essere il ministro dell’ascolto e del dialogo. Comincerò dagli studenti e dai giovani ricercatori». E siamo a dicembre. Il Codacons pubblica la black list del Ministero dell’Istruzione riguardanti 13.500 scuole sparse su tutto il territorio nazionale, dove emergono seri problemi in fatto di sicurezza. Viene reso noto un piano di investimenti spalmato su dieci anni. L’anno si chiude, quindi, sotto buoni auspici. Da più parti si spera in una rinnovata attenzione alla scuola. Personalmente vorrei ricordare al ministro Profumo la celebre frase di Cicerone: «ut sementem feceris, ita metes» (come hai seminato, così mieterai). Speriamo bene. Buon Anno.

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