Giovani e casa, vorrei ma non posso...

Non sono poveri, ma non riescono a misurarsi con il mercato della casa. Anche se lavorano – spesso in forme flessibili, in molti casi con un part-time che non è conquista ma imposizione – e possono contare su un reddito modesto ma relativamente stabile. Sono i Millennials, poco meno di 11 milioni di giovani tra i 20 e i 34 anni che costituiscono il 16,4% della popolazione totale del nostro Paese e scontano la mancanza di politiche abitative, costretti in situazioni di “stallo” a rinviare la realizzazione dei loro progetti di vita con la sensazione di essere “in ritardo” sulle tappe del percorso verso l’autonomia.Il 62,5% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori, con una marcata differenza tra le donne (56,9%) e gli uomini (68%) e in stridente contrasto con la media europea che si attesta al 48,1%. L’età media in cui ci si rende autonomi lasciando l’abitazione della famiglia di origine è di 31,2 anni per i ragazzi e 28,9 anni per le ragazze, dato che colloca il nostro Paese in fondo alla classifica europea, seguito solo da Slovacchia e Croazia. A rivelarlo è la ricerca “I giovani e la casa. La generazione dei Millennials di fronte alla questione abitativa”, promossa dalla Società italiana di iniziative edilizie e fondiarie (Sidief), realizzata da Censis e Nomisma. L’indagine è stata al centro del convegno “Verso la casa taxi? La domanda abitativa dei giovani”, promosso oggi a Roma da Sidief e Banca d’Italia.Dal dibattito emerge che questa domanda abitativa è forte, e al suo interno si condensano aspetti culturali, sociali ed economici; è specchio di una comunità che sta cambiando pelle e costituisce uno snodo centrale delle politiche, anche se non adeguatamente considerato.Nel 2015, a debitori con meno di 35 anni è stato erogato solo il 32% dei mutui, “una quota di circa 10 punti percentuali inferiore a quella di dieci anni prima” afferma Luigi Cannari, vicecapo dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia, sottolineando la debolezza sia sul fronte dell’accesso al credito, sia su quello della capacità di risparmio dei Millennials. Due, in particolare gli strumenti messi in campo per aiutarli: il fondo acquisto prima casa istituito dalla legge di Stabilità 2014, e il più recente leasing abitativo del quale, pur essendo più conveniente del mutuo, “non c’è ancora stata molta domanda” dice Angelo Peppetti (Ufficio crediti Abi).E intanto è ancora una volta la famiglia d’origine a confermarsi la principale risorsa di sostegno.Sul totale dei nuclei che hanno intenzione di comperare un’abitazione nel 2016, il 48% (contro il 35,4% dell’anno precedente), riferiscono Censis e Nomisma, dichiara di volerla destinare ad un figlio.Non più fattore di identità e appartenenza con forte connotazione simbolica, come è stato per i loro genitori che comperavano casa per mettere su famiglia e crescervi i figli, per i Millennials italiani l’abitazione è anzitutto un “servizio’ come un “taxi”, magari anche un luogo di lavoro. Il senso di appartenenza si è spostato oggi sul quartiere.I giovani cercano spazi piccoli e pronti, poco costosi e ben collegati dal trasporto pubblico, come emerge da un focus group realizzato dai ricercatori Stefano Sampaolo ed Elena Molignoni con 35 giovani di Milano, Bologna, Roma e Bari.E il futuro è nel mercato dell’affitto di cui bisogna tuttavia migliorare la funzionalità.“Nei capoluoghi italiani esiste un patrimonio di 1,8 milioni di case vuote”, ma occorre “far incontrare domanda e offerta”, avverte Mario Breglia, presidente Sidief, e pensare a interventi per “un diverso sfruttamento del patrimonio esistente e per adattare dimensione, costi e forme di finanziamento delle abitazioni alle nuove esigenze familiari”.“La domanda stimata di un milione di alloggi per giovani genera un potenziale di 4 miliardi di canoni annuo e un mercato dei servizi da 400 milioni l’anno, tra servizi professionali e manutenzione”, chiosa Carola Giuseppetti, direttore generale Sidief, ma ad ostacolare lo sviluppo di questo mercato sono “l’assetto patrimoniale frammentato, la scarsa flessibilità dei contratti, la carenza di agevolazioni fiscali, introdotte a favore dei proprietari privati, ma non di quelli istituzionali, i gravi problemi legati agli sfratti”. Concorda Aldo Mazzocco, presidente Assoimmobiliare, definendo “il residenziale, in affitto e moderno, una necessità dell’economia e delle persone” che però richiede “developer, leggi speciali, ma anche protezione dell’investimento rispetto alla morosità colpevole”. Più in generale, per rilanciare l’investimento nel comparto immobiliare residenziale occorre alleggerire il carico fiscale complessivo, oggi insostenibile, che grava sul settore, assicura Fabrizio Di Lazzaro, ordinario di economia aziendale alla Luiss. Un mix di tassazione diretta e indiretta che l’economista definisce “vessatorio” e che “sfavorisce gli investimenti necessari alla riconversione e riqualificazione del patrimonio esistente”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA