Europa, non sciupare vent’anni

Il 7 febbraio 1992 fu firmato a Maastricht il trattato più importante nella storia della costruzione europea dopo il Trattato di Roma del 27 marzo 1957. Questo Trattato di unione economica, monetaria e politica, veniva soltanto pochi anni dopo la caduta del Muro di Berlino, la riunificazione della Germania, il crollo dell’Unione Sovietica. Ne era una conseguenza indiretta. Apriva nuovi ed ampi campi di azione per un’Europa nuova, che non sarebbe più divisa. Sorpassava l’obbiettivo economico della Comunità economica europea fondata trentacinque anni prima, di creare un mercato comune. Segnava difatti une nuova tappa nel processo di, come diceva il testo stesso, “un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”. Portava alla creazione di un’Unione Europea tra i dodici paesi firmatari che erano i membri della Comunità (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna), poi quindici nel 1995, venti sette oggi.

Il trattato testimoniava una nuova volontà di andare verso un’unione politica più forte:

definizione di una cittadinanza europea, un allargamento delle competenze comuni (educazione, cultura, salute, trasporti, politica industriale, politica sociale ... ), cooperazione rafforzata nella politica estera e nel campo della giustizia e della sicurezza. Sopratutto, il punto forse più importante fu l’unione economica e monetaria che doveva portare alla moneta comune al 10 gennaio 1999 con una Banca Centrale Europea. Ma nel avanzare sulla strada di un’unione più stretta, che sembrava dover sboccare sull’unione politica, a un termine più o meno lontano, il Trattato di Maastricht aveva la saggezza di equilibrare l’insieme della costruzione con l’introduzione del principio di sussidiarietà preso in prestito dalla dottrina sociale della Chiesa. Il Trattato di Maastricht resta, rileggendolo vent’anni dopo, un grande testo, complesso, difficile, ma un testo di ampio respiro anche se molto tecnico nello stesso tempo.

È stato voluto sopratutto da tre grandi statisti, due cattolici, Jacques Delors e Helmuth Kohl, e il socialista François Mitterrand. Aveva la volontà di dare a tutti gli europei un sentire europeo comune, con lo stesso passaporto per tutti, la libera circolazione dei cittadini e la definizione di uno spazio comune, particolarmente per i giovani universitari con la possibilità di studiare in diverse università dell’Unione, ma anche il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e una semplificazione delle decisioni con il voto maggioritario in seno al Consiglio europeo.

Purtroppo il ventesimo del Trattato è oscurato dalla crisi dell’Euro e delle finanze pubbliche e viene celebrato in un’atmosfera di paura e di morosità. Ma non si deve cedere al pessimismo. Maastricht ha avuto il coraggio di mettere in comune il cuore stesso della sovranità degli Stati: la moneta, la difesa, la diplomazia, la polizia, la giustizia, e di dare agli europei una coscienza europea, nel rispetto con il principio di sussidiarietà, dei caratteri propri di ogni nazione.

Per la creazione della moneta unica, che sarebbe l’euro, il Trattato prevedeva diversi meccanismi di prevenzione e di sanzioni per evitare debiti e deficit di bilancio troppo alti. Ma non sono stati rispettati. La crisi viene non da un testo che secondo alcuni sarebbe stato malpensato, ma dall’irresponsabilità dei politici, tanto al livello comune europeo che ai diversi livelli nazionali. A questo riguardo, nel dicembre 2011, la cancelliera tedesca, Angela Merkel ha detto: “Durante gli anni, i politici hanno diluito il capitale di fiducia aggirando i principi dell’Unione economica e monetaria”.

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