Embrioni, un sussulto di coscienza

“Guasto all’impianto di crioconsevazione del centro di procreazione assistita del San Filippo Neri di Roma che ha causato la perdita di 94 embrioni che vi venivano conservati: le coppie fanno causa”. Con queste parole i media raccontano l’evento. “Le coppie fanno causa”: sembra una dimensione solo giuridica o medico legale. Se poi cerchiamo di conoscere meglio le storie personali, il tratto che le accomuna tutte è la sofferenza e soprattutto il dolore per la perdita di una vita, di un bambino “non nato”.

Di fatto la perdita di quell’embrione è per quella coppia un evento luttuoso: hanno perso non una vita possibile, ma una vita reale. L’attenzione alle questioni particolari della bioetica ci ha portato spesso a parlare di embrioni: abbiamo frequentemente usato terminologie del tipo: “ vite congelate”, “embrioni –persone?” “cellule staminali embrionarie”. La complessità di queste tematiche è stata poi associata a quella che tutte le accomuna: quando inizia la vita umana?

Le risposte sono diverse ed argomentate il più delle volte con teorie scientifiche, ma ciò che le caratterizza sono le contrapposizioni e spesso i pregiudizi culturali ed ideologici.

Questa volta, questa vicenda, questo guasto alla centrale di “conservazione al freddo” degli embrioni ci ha spontaneamente portati ad accostare il termine embrione ad altri quali: dolore, sofferenza, lutto.

Il caso ci ha fisiologicamente messi dalla parte dei candidati genitori e di necessità abbiamo condiviso con loro quella perdita che naturalmente, e per empatia, ha operato una trasformazione. Quell’embrione da aggregato cellulare e vita possibile è diventato vita reale, ed il dolore di quei genitori virtuali è diventato anche il nostro.

Nella misura in cui lo abbiamo compreso e condiviso forse abbiamo anche legittimato quell’embrione ad essere persona.

L’esperienza di un dolore compreso è spesso fonte di riflessioni e di ripensamenti, ed è questo stato dell’animo che vorrei trasmettere in poche righe.

La forza della ragione rimarrà sempre il faro che ci guida a trovare porti sicuri, ma anche quello della sofferenza condivisa: con pari attendibilità infatti potrà indicarci quello stretto sentiero che conduce verso la strada della verità.

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