E questa è educazione sessuale?

Ci risiamo. La polemica si allarga a macchia d’olio da qualche giorno su alcuni quotidiani. Quale l’oggetto del contendere? I preservativi nelle scuole! Proprio così. Come se oggi più delle attività didattiche, più dello studio, più delle verifiche sono i preservativi ad attirare l’interesse di ragazzi, genitori, insegnanti e presidi delle scuole superiori. Almeno così sembra essere per il Consiglio Provinciale di Milano che lo scorso 10 gennaio, con 20 voti a favore e 7 contrari, ha approvato una mozione che predispone i termini per un accordo con le ditte produttrici di macchine distributrici di preservativi nelle scuole superiori di Milano e provincia a prezzi competitivi. Ma come.

Vuoi vedere che i supermercati non hanno ancora programmato il tre per due anche sui «copri cetrioli» così come li chiamano in alcune scuole americane? Alla base dell’iniziativa pare ci sia la preoccupazione di affrontare il problema Aids che nel capoluogo lombardo è in decisa crescita tra i giovani. A ciò si aggiunga il fenomeno dell’abbassamento dell’età del primo rapporto sessuale. E allora quale la soluzione ritenuta centrale per far fronte a un serio problema? Il facile reperimento dei profilattici.

Se ne deduce che fondamentale è mettere i ragazzi nelle condizioni ottimali di comprare preservativi senza tante preoccupazioni, individuando proprio nell’istituto scolastico quell’habitat comunitario naturale ritenuto idoneo a superare un certo disagio che pare prenda molti studenti fuori dalla scuola. Vale a dire che i ragazzi a scuola, inseriti nel gruppo dei coetanei, superano ogni tipo di riserva per ritrovare quel particolare coraggio di avvicinarsi a una macchinetta, recuperare un profilattico e assicurarsi l’avventura senza problemi. Ma è proprio così?

Si vuol forse dire che l’attuale generazione giovanile si senta così timorata di umano giudizio a tal punto da provare un certo disagio nel recarsi in una farmacia o in un supermercato, in discoteca o presso una delle tante macchinette presenti sul territorio e comprare un condom? Mah? Sarà, ma non ci credo. Comunque sono contrario al commercio di profilattici nelle scuole. Meglio concentrarsi sul piano della tutela della salute. L’Hiv è una brutta gatta da pelare che richiede iniziative che vadano oltre la semplice distribuzione di profilattici nelle istituti.

E’ come dire che in una scuola per educare i ragazzi a non cadere nelle maglie dell’alcol, si dovrebbero installare macchine distributrici di “energy drink”, ovvero di un cocktail ad alto contenuto alcolico, di facile consumo tra gli adolescenti e, tanto per essere sensibili, anche a prezzo calmierato. Se tanto mi dà tanto allora nelle scuole dovrebbero valere più i preservativi che i processi formativi di educazione sessuale, più i drink alcolici che l’educazione alla salute, più i “maxi hamburger big mac” che l’educazione alimentare.

Unica consolazione è che ogni iniziativa è demandata all’autonoma decisione di ciascuna scuola. Bontà loro! Naturalmente com’era da aspettarsi la delibera provinciale di Milano ha spaccato il mondo della scuola tra favorevoli e contrari. Le motivazioni ora a sostegno degli uni ora a sostegno degli altri si sprecano senza esclusione di colpi. Il tutto ruota attorno al concetto di educazione sessuale da promuovere nelle attività formative delle scuole.

C’è ben altro da fare che non supportare i nostri ragazzi in tema sessuale, dando loro la possibilità di rifornirsi a scuola di profilattici a prezzi modici. Un conto è educarli a una corretta sessualità, altro è mettere a loro disposizione un distributore di profilattici. Quindi ciò che deve impegnare una scuola non è un programma di installazione di macchine, ma un programma pedagogico che parta da un corretto approccio alle problematiche sessuali senza sminuirle, riducendole a mercanzia secondo i dettami della domanda e dell’offerta.

Sono pronto a prendermi del falso moralista, del tecno-bigotto, del portatore sano di «virtù monacali» ritenute dal filosofo David Hume come nefaste in quanto «rendono ottusa l’intelligenza e induriscono il cuore, oscurano la fantasia e inaspriscono il carattere» (e così mi sono bello che sistemato da solo). Sono pronto a correre questo rischio. Però sono convinto che una seria riflessione su questo argomento non può partire da una strategia commerciale, ma da una strategia progettuale che porti la scuola e i genitori a non fermarsi a una visione riduttiva della sessualità, impoverendola e delegandola a stimoli edonistici o a esperienze comunque piacevoli. Ciò che manca, oggi, è una vera opera educativa.

Non è più possibile tacere, nè tanto meno è da considerare una fortuna l’incontro con l’altro sesso vieppiù visto come un’occasione da cogliere a volo per vivere una di quelle esperienze indimenticabili. Cercare di comprendere le ragioni di una relazione è esattamente quello che porta a scoprire in un progetto la vera opportunità che non va vista o vissuta come occasionale, ma è fatta di sentimenti e sensibilità, di sicurezza e rispetto reciproco. Non che sia questione di castità, anzi penso per questo a Sant’Agostino e al suo «Signore rendimi casto, ma non subito». Ritengo invece che una corretta educazione sessuale porta necessariamente ad andare oltre il dato consumistico, a superare l’impulso istintuale ed emotivo, per soffermarsi alla necessaria scoperta del sesso da vivere non come subbuglio ormonale, ma come opportunità di crescita attiva e consapevole. Questo è per me il compito della scuola e non certo quello di commerciare in profilattici. Tuttavia una qualche tentazione potrebbe farmi cambiare idea. E allora se in cambio dell’installazione delle macchinette la ditta appaltatrice di condom mi ripara il tetto dell’istituto, mi rimette a nuovo l’aula magna, mi dispone un controsoffittatura in tutti gli ambienti scolastici, mi costruisce una decina di nuove aule, mi tinteggia tutti gli interni, mi compra i nuovi arredi, mi rifà l’ufficio di presidenza, mi rinnova il parco macchine tecnologico, mi restaura la facciata, mi rinnova i serramenti, si adopera per la messa in sicurezza di tutto l’edificio, allora quasi quasi… ci faccio un pensierino. In tal caso se per Enrico IV° «Parigi val bene una messa», per me una macchinetta di preservativi val bene il rifacimento dell’istituto. Almeno posso accogliere più iscrizioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA