Due mesi fa l’omicidio di Giovanni Sali

Nella triste ricorrenza della morte dell’appuntato scelto Giovanni Sali, 48 anni, trovato ucciso da due colpi di pistola al torace poco prima delle 17.40 di sabato 3 novembre in via del Tempio, le indagini sono ancora in pieno svolgimento e a un punto nel quale, come imposto dal procuratore Armando Spataro, nulla si può rendere pubblico. Sembra che le mille ipotesi delle prime ore siano diventate tutte piste investigative e che il lavoro di monitoraggio a più livelli della città abbia fornito ai carabinieri del Ros moltissimo materiale sul quale lavorare e cercare riscontri. Ma non è certo il caso “facile” che poteva sembrare nelle primissime ore, quando trapelava un cauto ottimismo. L’ultimo aggiornamento, poco prima di Natale, era arrivato proprio da Spataro ma con il tono di una convinzione, «non crediamo che si sia ucciso». Così come dalla procura si era escluso un nesso con l’altro dramma che ha scosso l’Arma nel Lodigiano, il suicidio nella sua caserma a Zelo Buon Persico del maresciallo Pasquale Lomuscio, 43 anni, nella serata del 6 dicembre. Lomuscio era stato collega di Sali a Cavenago d’Adda e si dice fossero ancora buoni amici: la tragedia potrebbe aver silenziosamente scavato e scatenato un momento buio in un militare ineccepibile.

Sorpreso alle spalle da un complice, con l’assassino che l’ha disarmato della sua pistola subito dopo che il militare l’aveva estratta dalla fondina e subito colpito frontalmente, quasi a bruciapelo, magari da una mano non particolarmente ferma che ha fatto partire non uno ma addirittura tre colpi, uno solo dei quali andato a vuoto e ritrovato in un garage di via Indipendenza. Questa una delle possibili ricostruzioni dell’omicidio. Nessuno però avrebbe visto gli aggressori. E il movente? Dava fastidio un carabiniere di quartiere che già altre due volte, si dice, in quel pomeriggio era passato tra via Maddalena e via Indipendenza, oppure qualcuno voleva rubargli la pistola, o si è trattato di un piano studiato, di una trappola?

Sono state esaminate anche le pratiche di cui si era occupato, alla ricerca di potenziali “nemici”, diversi pregiudicati sono finiti sotto torchio, sono stati acquisiti filmati e tracce telefoniche, è stato mobilitato anche un “profiler” per definire il “tipo” di assassino che può aver colpito un carabiniere di quartiere non certo impreparato nel difendersi. Forse è stato qualcuno che non ha paura dei carabinieri.

A due mesi di distanza dal delitto di via del Tempio a Lodi sono ancora tanti gli interrogativi che cercano una risposta, la svolta nelle indagini non è arrivata

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