Donne in piazza con la sciarpa bianca

Una sciarpa bianca e un cartello al collo: «Se non ora, quando?»: circa trecento le lodigiane che ieri mattina hanno scelto di indossare il simbolo della manifestazione per la dignità delle donne che ha mobilitato le piazze di 230 città italiane, Lodi compresa. Fra la piccola folla che intorno alle 10 si trovava sotto i portici del Broletto anche molti uomini, per firmare la petizione che chiede le dimissioni di Silvio Berlusconi e chiamarsi fuori «dall’imperante modello sessista».

Un modello che indigna le donne della sinistra lodigiana, quelle della «vecchia guardia» e le nuove generazioni, unite nel sostenere che «la questione non riguarda solo le donne, non è una rivendicazione femminile: ogni cittadino italiano, uomo o donna che sia, ha il diritto di vivere in un paese che considera il corpo come uno strumento di dignità, non come qualcosa da mettere sul mercato» dice Giulia Acquistapace, segretaria provinciale dei Giovani Democratici.

Le fanno eco le altre donne presenti in piazza, come Danila Baldo, ex consigliera di parità, oggi semplicemente mamma e insegnante di filosofia: «Quello che vorrei trasmettere ai miei figli è la dignità della vita propria e altrui, non valori ispirati unicamente al denaro e al profitto» ha detto nel megafono che, verso le 10.30, ha richiamato i manifestanti al centro della piazza.

Un cerchio di sciarpe bianche e in mezzo uno spazio libero, occupato di volta in volta dalla protesta di una mamma, di una studentessa, della rappresentante di un’associazione, dei volti noti delle “quote rosa locali”, dalla vicesindaco Giuliana Cominetti alla consigliera provinciale Isa Veluti.

Alla politica si chiede maggior moralità e la garanzia che tutte le donne - non solo quelle disposte a gettarsi per denaro nelle «braccia di un vecchio» - possano ricoprire un ruolo attivo all’interno della società, al di là della loro più o meno appariscente gradevolezza estetica, ma per le loro competenze professionali e la loro esperienza.

È l’ora per il paese di cambiare rotta, «adesso e soprattutto domani», perché come dice Viviana «questa non dovrebbe rimanere una giornata isolata, ma ripetersi ogni domenica» fino al raggiungimento dell’obiettivo. Obiettivo che coincide, almeno simbolicamente, con le dimissioni del premier e la conseguente caduta di una classe politica «che ha tolto fondi alla scuola e alla cultura per pagare - e con i nostri soldi - le sue concubine» (ma non è esattamente questa la parola con cui Silvia conclude il suo commento).

La rabbia c’è, la voglia di esprimerla anche, ma la manifestazione rimane su toni molto pacifici, nonostante la presenza in piazza dei gazebo del Pdl e della Lega che osservano impassibili lo svolgersi della manifestazione.

Il piccolo megafono che dà voce alla protesta copre un raggio ristretto e non riesce ad arrivare sotto i portici della piazza: bisogna avvicinarsi per sentire, alle 11.30 le persone attorno al cerchio sono più di trecento. Di qui sciarpe bianche, a destra spille azzurre e di fronte fazzoletti verdi: un tricolore insolito da sventolare il 150° anno di unità nazionale, identico per cromatismo a quello dello stato africano del Gibuti, che ai colori della sua bandiera ha aggiunto però una stella, simbolo di unità nazionale. Gli italiani, per il momento, devono accontentarsi di una stellina da reality.

Silvia Canevara

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