Distintivo e segno di un’identità

Quando siamo stati portati al battesimo il primo gesto compiuto su di noi è stato il segno della croce sulla fronte, da parte del sacerdote prima, e poi da parte dei genitori e padrini. Tra le prime cose imparate possiamo ancora annoverare il segnarsi con il segno della croce. E quando abbiamo ricevuto la cresima, il dono dello Spirito Santo ci è pervenuto attraverso il segno della croce compiuto dal celebrante con il crisma sulla nostra fronte. Dunque la vita del credente è segnata dalla croce; consacrato al Signore mediante quel segno che sigilla il compimento dell’opera. L’opera è la persona stessa, che raggiunge la propria perfezione con il sigillo della croce, segno di appartenenza al Signore e segno che si è pronti con tutte le risorse e capacità sufficienti per affrontare la vita. Come è avvenuto per il popolo di Dio che era schiavo in Egitto e che nella notte della liberazione ha segnato gli stipiti delle porte delle proprie abitazioni con il sangue dell’agnello immolato nella notte della prima Pasqua; ed è stato risparmiato dall’angelo sterminatore. Così avviene per chi porta sul proprio corpo il sigillo della croce: il sangue di Cristo immolato sulla croce diventa il suo segno di riconoscimento, grazie al quale viene risparmiato e abilitato al cammino verso la terra promessa, in grado di affrontare le prove immancabili per raggiungere la meta, superare gli ostacoli e sconfiggere le potenze avverse. La croce è dunque il segno di riconoscimento del battezzato, è il sigillo della perfezione; alla sua logica si ispira il vissuto di fede e da essa attinge forza la testimonianza di vita. Oggi si va in ricerca di mille forme di tatuaggio per caratterizzare con un segno di riconoscimento il proprio corpo. La croce è il primo segno impresso sulla persona, marchio indelebile anche se invisibile: ma lo vede Dio e questo è ciò che conta, perché grazie ad esso siamo salvi. Del resto chi crede lo conferma quotidianamente con il gesto del segnarsi, memoria che siamo costati il sangue di Cristo sulla croce. Così la croce è diventata segno e distintivo di identità, e come tale essa caratterizza tutti i discepoli di Cristo. Non può tuttavia essere brandita come segno di parte e quindi di divisione. È vero: ci sono state epoche in cui la croce è diventata un segno di battaglia, purtroppo anche fra cristiani. Può essere ritenuta segno di vittoria, perché contrasta il male, ma non perché distrugge chi la pensa diverso da me. Essa rimane segno universale di apertura e di amore per tutti, perché sulla croce Cristo è morto per tutti e chi ne porta il segno è chiamato ad amare fino alla morte. La croce è essere pronti a mettere in gioco se stessi per amore della verità, ma senza mire di sopraffazione, come fa Dio che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Il Venerdì Santo viene a interiorizzare questo segno, a consacrare il cuore con questo marchio, perché la vita intera risplenda della sua luce. Che la croce non resti soltanto un oggetto prezioso da ostentare per vanità, ma diventi il senso di una esistenza, parli ancora della logica e della sapienza di vita che da essa promana.

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