Diritti umani, i governi sono sordi

Che i diritti umani siano una “questione interna” degli Stati è un alibi dietro il quale non ci si può più nascondere. Questo il punto di vista espresso con forza da Amnesty International Italia in occasione del lancio del Rapporto annuale 2013 dell’associazione, all’interno del quale è analizzata la situazione dei diritti umani in 159 paesi e territori, nel periodo tra gennaio e dicembre 2012. “Difendere i diritti umani - ricorda lo staff - è, infatti, un dovere di tutti e la mancanza di un’azione a livello globale sta rendendo il mondo sempre più pericoloso per i rifugiati e i migranti”. Dito puntato soprattutto contro il Consiglio di sicurezza dell’Onu perché “deve adoperarsi per fermare gli abusi che distruggono le vite umane e costringono le persone a lasciare le loro case”, ma anche contro i governi “che hanno dimostrato di essere interessati più alla protezione delle frontiere nazionali che a quella dei loro cittadini o di chi quelle frontiere le oltrepassano chiedendo un riparo o migliori opportunità”, come ha sottolineato Carlotta Sami, direttrice generale della sezione Italiana di Amnesty International. Nel corso del 2012, Amnesty International ha documentato specifiche violazioni ai diritti umani di milioni di persone, analizzate anche secondo la fascia geografica di appartenenza. Le restrizioni alle libertà d’espressione, per esempio, sono presenti in almeno 101 paesi, 112 sono quelli in cui sono stati riscontrati torture e maltrattamenti. Per non parlare poi che in 80 si sono svolti processi iniqui e in 50 le forze di sicurezza sono state responsabili di uccisioni illegali in tempo di pace. Inoltre, metà degli abitanti del pianeta è rimasta costituita da cittadini di seconda classe per quanto riguarda la realizzazione dei loro diritti, perché molti Paesi non hanno agito nei confronti della violenza basata sul genere. “Militari e gruppi armati hanno commesso stupri in Ciad, Mali e Repubblica Democratica del Congo - ha mostrato Carlotta Sami -, i talebani in Afghanistan e Pakistan hanno, inoltre, ucciso donne e ragazze, com’è emerso a seguito dello scioccante aggressione subita dalla quattordicenne Malala Yousufzai”. La sua storia ha fatto il giro del mondo, ma sono ancora molte le ragazze e le donne che in questi paesi non hanno alcuna possibilità di partecipare alla vita pubblica. In tutta l’Africa conflitti, povertà e violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza e gruppi armati hanno fatto notare la debolezza degli strumenti regionali e internazionali per la difesa dei diritti umani. Dato che è emerso con forza anche nel conflitto siriano nel quale “il mondo è stato a guardare, mentre le forze armate e di sicurezza di Damasco continuavano a compiere attacchi indiscriminati e mirati contro i civili, sottoponendoli a sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture ed esecuzioni extragiudiziarie”. Di fronte a queste azioni, il rispetto per la sovranità degli Stati, sottolinea il report, non può essere usato come scusa per non agire soprattutto davanti all’evidenza. E’ scioccante costatare, infatti, che chi ha cercato di fuggire nel corso del 2012 da conflitti e persecuzioni, attraversando i confini internazionali, ha trovato di fronte a sé incredibili ostacoli. “E’ stato più difficile per i rifugiati varcare le frontiere che per le armi alimentare la violenza nei luoghi dai quali cercavano di allontanarsi” ha messo in rilievo Carlotta Sami, ma a questo si spera metterà fine il Trattato delle Nazioni Unite sul commercio delle armi, adottato nell’aprile 2013. Di fronte a questi dati anche l’Ue dovrà muovere le opportune riflessioni perché, pur avendo adottato una strategia quadro sui diritti umani nelle relazioni esterne, non è stata in grado di portare avanti un’azione comune degli Stati. Inoltre, “ha attuato misure di controllo alle frontiere che mettono a rischio la vita dei migranti e dei richiedenti asilo e non garantiscono la sicurezza delle persone che fuggono da conflitti e persecuzioni” ha precisato la Sami. Quest’ultima ha ricordato, infine, che i rifugiati e gli sfollati non possono più essere considerati “lontani dal cuore, lontani dalla mente”, ma che “la loro protezione riguarda tutti noi”. I nuovi strumenti di comunicazione “offrono a tutti un’opportunità senza precedenti di agire per i diritti di milioni di persone sradicate dalle loro case” ha concluso la direttrice generale della sezione Italiana di Amnesty International.

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