Dal bullismo alla violenza estrema: «Troppe volte le vittime sono donne»

A Sant’Angelo il generale Garofano lancia l’allarme

Quando il bullismo esce dalla scuola e arriva nel mondo del lavoro, tramite il mobbing e il bossing, termine che racconta delle prevaricazioni messe in atto da un capo su una sottoposta. E quando ancora fa un passo oltre e arriva alla violenza, principalmente di genere, e può sfociare in un crimine odioso come il femminicidio.

In un tempo in cui i limiti ai movimenti per l’emergenza sanitaria riducono anche la possibilità di molte donne di smarcarsi dal carnefice - spesso tra le mura domestiche - e di denunciare, e stanno aumentando i casi, focus sui temi della violenza e del bullismo come prevaricazione di genere per il terzo incontro del ciclo online dedicato alla prevenzione dal Comune di Sant’Angelo, promosso dagli assessorati a cultura, istruzione e pari opportunità, affidato a Luisella Pellegrini, e alle politiche sociali e sicurezza, in mano a Domenico Beccaria, moderati dal direttore de «Il Cittadino» Lorenzo Rinaldi. Ospiti giovedì sera, il generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, l’esperto di scienze forensi Cristian Federico Bonatti e la psicologa e psicoterapeuta Sabrina Auteri, «per fare un passo ulteriore nella riflessione» come ha introdotto il direttore Rinaldi. Bonatti ha spiegato le evoluzioni del bullismo ai danni delle donne o nel contesto familiare, quando ad esempio un genitore separato tenta di non far vedere il figlio all’ex partner, e militare, nel caso del fenomeno noto come “nonnismo”. Il generale Garofano ha parlato dei numeri sempre costanti dei casi di femminicidio, ma anche delle fragilità di un sistema che rischia di non riuscire a tutelare le vittime, per la mancanza di pool giudiziari specializzati in moltissime città medio-piccole e la carenza di personale dedicato nelle forze dell’ordine, mentre «le donne si sentono sempre più sole e non denunciano». Sono tanti i segnali di malessere - come ha spiegato la psicologa Auteri - in chi ha subito violenza, dai disturbi alimentari a quelli simili al disturbo post-traumatico da stress, dal tirarsi i capelli al mangiarsi le unghie; segnali che possono manifestarsi anche nelle adolescenti che hanno instaurato una relazione abusante. «Solo una donna su 10 denuncia le violenze subite, che avvengono nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche - ha aggiunto la psicologa - : a volte per vergogna, a volte perché non hanno fiducia nelle forze dell’ordine, altre perché non colgono la gravità di quanto sta succedendo». Fondamentale, secondo gli esperti, la capacità di cogliere i segnali, di costruire una rete di sostegno, di stare vicini ai ragazzi, ma anche di far partire una sensibilizzazione sin dall’infanzia, per insegnare ai bambini il valore e il rispetto per l’altro.

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