Da un lavoro nel mondo della musica alla dura lotta contro la leucemia

Elena Forcella, 40 anni di Casale, racconta come è cambiata la sua vita di fronte alla malattia

Basterebbe dire che ha trasformato il suo essere senza più capelli nel punto di forza della sua nuova immagine. Quella di donna che alle chiamate della vita ha sempre risposto con determinata umiltà, impegno e costanza, ed in più quell’empatia di carattere che Madre Natura non concede a tutti. Quarant’anni, residente a Zorlesco di Casalpusterlengo, Elena Forcella ti fa sentire piccola quando con naturalezza ti dice: «Più che a pensare a cosa la malattia mi ha tolto, ho cercato sempre di concentrarmi su quel che mi sta dando. Ad esempio: mi ha fatto capire chi tenermi davvero vicino. Soprattutto mi ha restituito vera consapevolezza di me stessa. Perché quello con la malattia è un rapporto intimo, è solo tuo. Solo tu sai quello che provi e che sei». Giovedì sera Elena ha dialogato via web con i partecipanti all’ultimo incontro del progetto “Percorso Giovani” promosso a Santo Stefano Lodigiano, sottolineando l’importanza dell’impegno, dell’ascoltare le proprie passioni, del non accontentarsi. Lei lo ha fatto in questi anni quando ha trasformato la sua passione per la musica in una professione, diventando qualificata promoter di eventi e serate musicali per importanti locali milanesi («Ambiente prevalentemente maschile, ho tirato fuori gli artigli, mettendoci massimo impegno e professionalità»), quindi per tre anni brillante conduttrice in diverse web radio milanesi («Mai fatto prima, esperienza bellissima»). La malattia irrompe nella sua vita a metà gennaio 2020: leucemia mieloide acuta. «Il giorno della diagnosi l’ho passato a piangere come una bambina, chiamando il “mondo” per trovare conforto – ricorda - . Tra le mille frasi, quella di mio fratello Paride mi ha martellato in testa per l’intera notte: “Ormai ce l’hai, affrontala di petto”. La mattina mi sono alzata che ero già diversa». Quelli successivi sono stati mesi durissimi: il ricovero urgente al Policlinico San Matteo di Pavia, il lungo percorso ospedaliero fatto di chemioterapie, innumerevoli trasfusioni di sangue, difese immunitarie annientate che hanno portato Elena – lei sempre stata tra la gente, a promuovere eventi anche da mille e passa persone – a trovarsi isolata in una stanza d’ospedale, «con la mascherina indossata h24, settimane prima che iniziasse il Covid». Sempre al Policlinico di Pavia, a fine agosto 2020, ha affrontato il trapianto di midollo osseo, donatore proprio il fratello Paride. Il percorso riabilitativo post-trapianto è tutt’ora in corso ed Elena lo sta affrontando sempre nella casa di Zorlesco, insieme ai genitori. Le uniche uscite sono quelle verso l’ospedale di Pavia. «Sono ancora immunodepressa, la battaglia non è ancora vinta e devo stare riguardata e protetta, specie in questa situazione di pandemia - dice - . Cerco serenità nel presente, guardo al futuro». Colpita da questo suo approccio positivo alla malattia, la psicologa che la segue ha suggerito ad Elena Forcella di scrivere un libro. «Penso di intitolarlo “Il meglio nel peggio””, anticipa. Che dire: chapeau.

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