Da oggi si allarga l’Europa. Dobro nam došla, Hrvatska!

Da oggi, lunedì 1° luglio, la Croazia diverrà ufficialmente il 28° Stato dell’Unione europea. Un’adesione importante innanzitutto perché allarga i confini dell’Ue verso la complessità dell’area balcanica occidentale. E questo assume una valenza del tutto particolare a cento anni dall’inizio di quella che Papa Benedetto XIV definì “l’inutile strage”: un conflitto capace di modificare drammaticamente il volto del Vecchio Continente e di milioni di suoi abitanti. Quello dei Balcani è il suolo dove si è combattuta l’ultima guerra europea, in seguito al disfacimento dell’ex-Yugoslavia, e dove permangono alcune delle meno risolte e più preoccupanti potenziali occasioni di conflitto. A livello interno, l’entrare a far parte del Club dei 28, rappresenta una boccata di ossigeno indispensabile per un’economia che deve fare i conti con un rapporto debito/Pil del 4,6% (quindi, ben lontano dal 3% degli standard europei) e una disoccupazione vicina al 20%, mentre in tutto il Paese un cittadino su tre è a rischio povertà. I finanziamenti di Bruxelles dovrebbero servire ad attrarre gli investimenti diretti stranieri ammaliati anche dagli incentivi di detassazione promessi da un Paese che non può continuare ad affidarsi unicamente al turismo come fonte di reddito visto che le sue maggiori industrie (retaggio nella loro statalizzazione dell’epoca del socialismo reale) non sono in grado di proporsi in maniera competitiva sui mercati esteri. E questo porta, fra l’altro, a una “doppia velocità” fra lo sviluppo delle grandi città o delle zone balneari del litorale e un retroterra dove, in molti casi, il tempo pare essersi anche visivamente fermato a quando la Yugoslavia costituiva un’unica, monolitica entità. Col rischio concreto di assistere, con l’apertura del mercato del lavoro nell’Unione ai croati, a un’emigrazione di massa, specie fra i giovani (e Lubiana, infatti, alle prese con una disoccupazione a sua volta da record, ha subito fatto ricorso al “regime transitorio”, previsto dalla normativa europea, equiparando per due anni la manodopera proveniente dallo Stato vicino a quella extraeuropea).In un Paese dove vivono ufficialmente 14 minoranze etniche (fra cui circa 20mila italiani), la bandiera blu dell’Europa potrà servire anche a porre un freno al riaffiorare di nostalgie nazionaliste e atteggiamenti xenofobi, conseguenze di ferite mai completamente sopite di un passato ancora troppo vicino.Nelle sedi governative europee aumenterà dal 1° luglio la voce e il peso politico di quei “piccoli” (la Croazia conta poco più di 4 milioni di abitanti), che anche di recente hanno dimostrato di essere sempre meno disposti ad assegnare deleghe in bianco ai “grandi” (Germania e Francia in primis) nel delineare gli scenari futuri del Continente.Certamente, come negli altri Stati di nuova o originaria adesione, il cammino per creare una “coscienza europea” nei cittadini sarà ben più lungo e complicato di quello economico e anche a Zagabria il numero degli euro-indifferenti è decisamente cospicuo. Come si è visto ancora una volta nelle recenti votazioni per l’elezione dei rappresentanti croati a Bruxelles quando alle urne si è recato un elettore su cinque. Il prossimo passo per Zagabria sarà il pensionamento della Kuna a favore dell’Euro (ma sono necessari almeno due anni dall’adesione): un traguardo atteso con ansia specie dagli operatori turistici adriatici. L’entrata nell’area Schengen, passo definitivo per la libera circolazione delle persone e il conseguente spostamento del confine dell’Ue alla Bosnia-Erzegovina, appare ancora addivenire per la complessa configurazione geografica del Paese (si pensi solo alle migliaia di isole) tale da non garantire quei parametri di sicurezza che il Trattato impone. Ma, almeno per qualche giorno, le nubi e le incertezze devono lasciare il posto alla soddisfazione per un evento atteso da oltre dieci anni. Nella speranza che esso possa servire anche ad accelerare il cammino verso Bruxelles degli Stati vicini (Serbia in primo luogo). I Balcani hanno bisogno dell’Europa tanto quanto l’Europa ha bisogno dei Balcani.

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