Cura dimagrante per il Banco Popolare

In previsione nuovi esuberi e riduzione delle filiali

Nuovi esuberi e riduzione delle filiali, con il taglio di quelle in “profondo rosso”. Sono le linee guida lungo cui dovrebbe muoversi il nuovo piano industriale del Banco Popolare, quarto gruppo italiano, che controlla la Banca Popolare di Lodi, da pochi mesi trasformata in una Divisione. Più che un piano industriale vero e proprio, i sindacati si aspettano una sorta di tagliando del piano strategico 2011-2015, presentato con grandi speranze sul fronte della redditività e che oggi non appare più attuale, stante l’evoluzione (negativa) dello scenario economico.

Il restyling sarà all’insegna della sobrietà (dunque non dovrebbero esserci stime ottimistiche sui risultati) e porterà a una cura dimagrante del gruppo, che già negli scorsi anni ha fatto ricorso alla riduzione del personale e alla chiusura di oltre cento filiali per contenere i costi. Lo scorso novembre l’amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti, a margine della diffusione dei dati del terzo trimestre 2012, ha annunciato che nei prossimi anni il Banco potrebbe mettere in previsione nuove uscite di personale per un risparmio di circa 700 milioni di euro.

Sempre in quella sede Saviotti aveva indicato la possibilità di aprire un nuovo fondo di solidarietà all’inizio del 2014. Fonti sindacali nei giorni scorsi hanno indicato che nel restyling del piano industriale gli esuberi potrebbero essere spalmati sul biennio 2013-2014 attraverso lo strumento del fondo di solidarietà. Numeri precisi al momento non sono disponibili, ma è ragionevole pensare che nell’arco di due anni si stia sotto il migliaio.

Altro fronte aperto, sul quale si dovrebbe nuovamente intervenire, è la riorganizzazione delle filiali. Nel corso del 2012 il Banco ha già provveduto a ridefinire la fisionomia territoriale degli sportelli (la Banca Popolare di Lodi, ad esempio, ha perso le agenzie in Sicilia, che sono passate alla Banca Popolare di Novara, guadagnandone in Emilia). Sempre nel 2012 sono state chiuse le filiali in perdita oppure le filiali doppione sulla stessa “piazza” (l’obiettivo era dimagrire di circa 140 sportelli). Si dovrebbe proseguire in questa direzione.

La presentazione del tagliando del piano industriale è attesa dai sindacati verso la fine di febbraio, anche se al momento non ci sono elementi di certezza. La sensazione è che non ci si scosterà di molto dal percorso intrapreso negli scorsoi anni, alla luce anche del fatto che il contratto di Saviotti (atteso a Lodi a metà febbraio) è in scadenza a fine 2013.

Il tema della riduzione dei costi rimane fondamentale. E così si sta procedendo a riconvertire i dirigenti in scadenza in quadri di quarto livello, con una riduzione degli stipendi a fronte di un’assunzione a tempo indeterminato. Un meccanismo che scatta ovviamente su base volontaria e che è stato già attuato in casa Intesa-San Paolo e all’Ubi.

I dipendenti del Banco sono passati dai 21.445 del 31 dicembre 2007 (pochi mesi dopo la fusione Lodi-Verona) ai 18.986 del 30 settembre 2012, con una variazione negativa di 2.469 unità. Un numero che dovrebbe dunque lievitare nei prossimi mesi. Nel medesimo periodo, Intesa-San Paolo ha “perso” 3.849 lavoratori, Unicredit 12.626, Ubi 3.222, Monte Paschi 3.816.

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