COVID In pronto soccorso a Lodi cresce la preoccupazione VIDEO

La nostra Cristina Vercellone incontra in reparto il primario dottor Paglia e i suoi collaboratori: lo scenario non è quello di febbraio ma si teme la seconda ondata

Il primario del pronto soccorso Stefano Paglia si agita, ce l’ha con il “consumismo sanitario”. «Non ha mai senso venire in pronto soccorso per un dito che fa male - commenta - e non si può, tanto più adesso che siamo in fase pandemica». Poi chiama l’infermiera Lara Villa, la collega che il 21 febbraio ha svuotato insieme a lui il pronto soccorso di Codogno, dimettendo e trasferendo i malati, prima di venire entrambi, insieme, all’ospedale di Lodi.

«Spiega ai cronisti quanti codici bianchi ci sono in questo momento», dice il primario rivolgendosi all’infermiera. Sono le 11.30 della mattina. In pronto soccorso ci sono 5 pazienti in codice rosso, 4 in giallo, 21 in verde e 9 bianchi, pazienti, questi ultimi, con necessità da medico di famiglia. Quindici persone circa, tra quelle presenti in pronto soccorso, sono pazienti Covid e hanno diritto a un percorso differenziato.

Medici e infermieri sono nel pieno del lavoro. Lo scenario non è quello di fine febbraio, ma la preoccupazione è alta. La dottoressa Anna Manelli si avvicina a una malata, le controlla il catarro. Le fa mettere l’ossigeno. «Il suo tampone è negativo», le dice la dottoressa. «Ah, ma adesso lo rifaccio?». «No, è negativo. Adesso la ricoveriamo in pneumologia». «Ma io quando vado a casa?», si lamenta la signora. «Adesso no cara - dice la dottoressa -, in reparto farà degli esami in più. Ho già parlato con i suoi parenti». «Davvero? Ha parlato con mia figlia? Ma io non la vedo», dice la paziente.

La dottoressa Manelli la rassicura. «Vi sentite al telefono, adesso non possono venire da lei, si potrebbero ammalare. Stia tranquilla». «No, no, non voglio che si ammalino», si convince la signora. «Qua - dice la dottoressa mentre corre da una parte all'altra dell’Obi completamente rinnovata -, quando ho visto i casi aumentare ho pensato: “Ecco ci risiamo”; anche se non abbiamo mai creduto che il virus fosse morto, adesso c’è stata una recrudescenza.Temo una seconda ondata, ancora piuttosto violenta. Mi spaventa parecchio, mi angoscia». Le persone che arrivano sono più giovani. Il pronto soccorso è la prova che i pazienti con le altre malattie non sono scomparsi.

«Quelli che dobbiamo proteggere sono i pazienti oncologici», dice la dottoressa con il cuore in gola. Una cara amica se n’è andata. Aveva la leucemia e il Covid non le ha dato la possibilità di lottare contro il tumore. La dottoressa si attacca al telefono, cerca dei posti liberi nei reparti per ricoverare i suoi pazienti. In questo momento in osservazione breve Covid ci sono 3 malati e 9 nell’Obi pulita. Arriva l’infermiera Villa. «Dentro - si confida - non sono più la stessa persona. Abbiamo capito che oggi ci sei e domani non sappiamo. Abbiamo visto persone cambiare da un momento all’altro. Eravamo in guerra, come dice Paglia. L’ansia per i nostri cari è rimasta. Oggi ho paura, non abbraccio più mia mamma. È come se un altro masso ci fosse caduto addosso».

Sono arrivati i primi pazienti positivi. Lì lì per lì stavano bene, poi sono peggiorati. «Il ritorno della malattia ci spaventa». Carmela La Torretta ha deciso di iniziare a lavorare in pronto soccorso, trasferendosi da una struttura residenziale, proprio nel mese di marzo, in piena pandemia. Si sente più forte, a livello psicologico, adesso, ma la paura è che possa tornare a vivere un’esperienza traumatica come la volta precedente. Si avvicina a un paziente, lo solleva. Passiamo in corridoio, i malati aspettano davanti all’ambulatorio dei codici bianchi. «Noi stiamo qui dentro tante ore e vedere fuori le persone che se ne infischiano infastidisce. Il virus c’è e sta cominciando a mietere vittime - dice l’operatrice sanitaria -. Non bisogna abbassare la guardia». Anche lei si è ammalata durante la pandemia.

Il suo compito è collaborare con l’infermiere. Di fianco a una colonna sono ammucchiate le bombole dell’ossigeno. Servono per le situazioni d’emergenza. La memoria corre a quando le scorte non bastavano più. «Il cantiere continua - spiega Paglia -. Prima di Natale dovrebbe essere pronta la nuova ala del servizio con 6 letti dotati di ossigeno. L’open space dell’osservazione breve, a 7 letti, invece, ha visto che è terminata? Avremo così 3 aree di lavoro in pronto soccorso».

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