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Tamponi, ondate, tasso di letalità, positivi e alla fine i vaccini: ecco cosa è cambiato da quel famigerato 20 febbraio 2020

Il Covid ha sorpreso il Lodigiano e l’Italia, cogliendoci del tutto impreparati. A distanza di 2 anni dal primo caso riconosciuto a Codogno, molte cose ancora non funzionano nella gestione della pandemia, e non sono mancati i momenti di caos anche nell’ultima ondata, nei giorni di picco tra la Vigilia di Natale e l’epifania. Ma i dati ufficiali, pur con le loro incongruenze e lacune, dimostrano quanti passi siano stati fatti nel contrasto al coronavirus.

Nella prima ondata dal 20 febbraio 2020 a metà giugno 2020 nel Lodigiano si sono contati poco più di 3mila 500 contagiati segnalati ufficialmente al Sistema nazionale di sorveglianza Covid. Con le difficoltà a riconoscere e a eseguire i tamponi di quelle settimane, è probabile che siano sfuggiti la stragrande maggioranza dei casi, con un’ipotesi realistica (sulla base delle indagini di sieroprevalenza eseguite poi in autunno) che vede 15mila contagiati nel territorio. Il tasso di letalità (decessi su contagiati) presenta nella prima ondata un valore eccezionale del 19,41 per cento, facendo riferimento ai dati ufficiali, del 4,58 per cento utilizzando la stima dei contagiati.

La seconda e terza ondata sono andate in scena a partire dall’autunno 2020. Indicativamente la seconda è partita a ottobre e verso gennaio 2021 ha lasciato spazio alla terza fase con cui si è arrivati a fine maggio, senza una vera soluzione di continuità tra una e l’altra, ma con “momenti” diversi all’interno di un lungo periodo. Aggregando le due fasi, i contagi sono stati circa 13mila con poco più di 240 morti, per un tasso di letalità dell’1,86 per cento (con la fase più aggressiva da novembre a gennaio). La quarta ondata si è avviata a novembre 2021 e ne stiamo vivendo ancora l’ultima coda. I contagiati sono stati oltre 32mila nel Lodigiano, con 110 decessi, per un tasso di letalità dello 0,34 per cento.

Ciò che balza agli occhi, nonostante il caso di fine dicembre e inizio gennaio, è la capacità del sistema di diagnosticare i casi eseguendo i tamponi, il che permette un controllo (e un contenimento) migliore e più tempestivo del contagio. Parimenti, le cure si sono affinate e in generale c’è una maggior capacità di risposta (dai dispositivi di protezione alle procedure per evitarne la diffusione). E poi ci sono i vaccini, che un evidente contributo a contenere gli effetti letali della malattia hanno prodotto. È presto per dire che non ci sarà una quinta ondata nel prossimo autunno, e non si può sapere con quale intensità colpirà. Ma ora sappiamo almeno di avere qualche strumento per contrastare il nemico invisibile.

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