Così si scatenò la bufera Covid: parla la giornalista del Cittadino che scoprì il primo caso in Italia. Guarda il video

La lezione speciale di Cristina Vercellone all’Unitre: «Non avevamo chiara la portata della situazione»

Una data che rimarrà stampata sui libri di storia ma anche sulla pelle delle persone. Perchè una pandemia non lascia solo vittime tra le mura ospedaliere ma la conta rivive ogni giorno nelle cicatrici che portiamo nell’animo. E proprio grazie alle parole della giornalista Cristina Vercellone de “il Cittadino” i soci dell’Unitre martedì hanno rivissuto un excursus dal fatidico 20 febbraio che ha cambiato le sorti del Lodigiano: dalla comunicazione pervenuta dall’ospedale di Codogno alle 18,50 di giovedì 20 febbraio, quando la pandemia sembrava ancora essere lontana, circoscritta nei paesi dell’est asiatico.

Ma, invece, era solo a pochi passi da noi: al pronto soccorso di Codogno dove la dottoressa Annalisa Malara aveva diagnosticato il primo caso di Coronavirus nel mondo occidentale. Subbuglio e perplessità in redazione che ha seguito passo passo l’evolversi della situazione: dai primi referti clinici a quello ufficiale che, solo nel corso della nottata con il giornale già in stampa, era sopraggiunto con un comunicato dalla voce di Giulio Gallera di Regione Lombardia che decretava pubblicamente il primo paziente affetto da Covid-19: Mattia Maestri, 37enne di Castiglione d’Adda e residente a Codogno. E il 21 febbraio “il Cittadino” titolava la prima pagina “Coronavirus: scatta il protocollo. Un caso di Coronavirus all’ospedale di Codogno” e fu il primo quotidiano a darne notizia. Ma solo tre giorni dopo la conta era già salita a 350 pazienti che si riversavano al pronto soccorso con sintomi di polmonite bilaterale interstiziale. «Con il senno di poi - dichiara Cristina Vercellone -, non avevamo ben chiara la portata della situazione. Ma da quel giorno gran parte della redazione cronaca ha iniziato a seguire la vicenda sanitaria con notizie dal territorio che poi rimbalzavano anche su tv e quotidiani nazionali». E proprio in questo si è tradotto il valore della stampa locale in grado di scavare nella notizia e toccare con mano, ma anche con il cuore, offrendo ai lettori un quadro aggiornato della pandemia, ogni giorno in edicola. Perchè grazie al direttore Lorenzo Rinaldi e al capo di gabinetto Sara Morrone, i quotidiani hanno potuto varcare i confini della prima zona rossa per garantire a tutti il principio democratico all’informazione.

Dalle immagini delle bare in fila, alle code di ogni giorno nei supermercati, al silenzio rotto solo dalle sirene delle ambulanze: il ritratto della pandemia ha toccato le corde dei presenti anche grazie alle testimonianze degli operatori sanitari che la giornalista ha condiviso in sala: «Una cosa mi ha commosso più di tutte - conclude Vercellone -: la lettera del primario del pronto soccorso, dottor Stefano Paglia che si rivolgeva ad “Amici e fratelli” non a semplici colleghi, invitando chi volesse a stare a casa per la sua sicurezza, dopo venti giorni continuativi spesi dal medico tra le mura dell’ospedale». “Che Dio vi benedica” aveva concluso il dottore. Ma il giorno dopo ciascuno di loro era ancora in prima linea, a combattere un “mostro” ancora sconosciuto.

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