Conte supera il primo scoglio: «Con me chi ha a cuore l’Italia»

Ieri sera il voto di fiducia alla Camera, oggi si vota al Senato, dove i numeri sono risicati

Il primo scoglio è superato: ieri il premier ha ottenuto la fiducia alla Camera con 321 sì (fra cui Renata Polverini di Forza Italia che ha annunciato poi di voler lasciare il gruppo), 259 no e 27 astenuti. Per 30 voti (la maggioranza da raggiungere era 291) ce l’ha fatta, ma il problema vero si pone oggi in Senato, dove i numeri sono più risicati.

Quando a mezzogiorno ha fatto il suo intervento di quasi un’ora (puntellato da 14 applausi e 4 momenti di contestazione), il premier ha chiesto l’appoggio dei «volenterosi» di area «europeista: liberale, popolare, socialista». «Aiutateci» ha detto, riferendosi a «chi ha a cuore l’Italia». Nel suo discorso Conte ha rotto definitivamente con Renzi, perché questa crisi aperta in piena pandemia è «senza un plausibile fondamento», ma lo strappo del leader di Italia viva è «incancellabile», quindi adesso «si volta pagina». Ha quindi promesso quindi che lascerà la delega ai Servizi «a un’autorità delegata di mia fiducia», e quella all’agricoltura (lasciata vacante dalla dimissionaria ministra Bellanova), e si impegnerà per «una riforma elettorale proporzionale» e «un grande progetto di riforma fiscale». Le opposizioni in aula però non hanno sentito ragioni e hanno chiesto le dimissioni (con tanto di cartelli e sberleffi nei confronti di Clemente Mastella che pare si sia adoperato per tenere in piedi il governo). No alla fiducia dunque da parte della Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia che hanno parlato di “mercimonio”: tutti e tre hanno contestato il fatto che la riforma elettorale non la fa il premier, ma il parlamento e criticato parecchio la rincorsa ai «cosiddetti responsabili». «Lei presidente - ha detto la Meloni - ha detto che avreste volato alto. Sì, con la Mastella Air». Particolarmente contestato è stato poi l’intervento del deputato leghista Claudio Borghi che ha detto: «Presidente Conte, lei se ne andrà quando la montagna di guano che è stata accumulata sotto il tappeto sarà così enorme da non poter essere più nascosta. Ve ne andrete come chi lascia la casa dopo averla occupata: dopo aver distrutto e rubato tutto, dopo aver defecato al centro della stanza». Contestata anche la vicinanza espressa da Conte agli Usa e alla Cina: «Il premier si dimetta e vada in Cina» ha strillato il deputato Sgarbi. Ha negato la fiducia anche l’Udc, mentre Italia viva si è astenuta promettendo però di votare i provvedimenti del governo sui ristori. Niente ricucitura dunque: «La strada è più stretta di quanto si immagini perché non possiamo accettare di tutto» ha infatti dichiarato il segretario del Pd, Zingaretti. «Stiamo parlando di una surreale crisi di governo, una scelta politica incomprensibile - ha infine osservato il capogruppo M5S Davide Crippa nella sua dichiarazione di voto -. È come essere su un tandem: far fatica pedalando e accorgersi che uno dei compagni di squadra non solo non pedala più ma ha anche sgonfiato le gomme durante la salita» con chiaro riferimento a Renzi

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