Come è bello il Lodigiano con la neve

Le immagini del fotografo naturalista Emanuele Intropido

Nella notte tra il 28 ed il 29 dicembre dello scorso anno una nevicata “eccezionale” ha colpito gran parte del Nord Italia. A Lodi e dintorni la mattina di martedì 29 lo scenario era “polare”. Decido di parcheggiare l’auto nei pressi del castello di San Colombano al Lambro e, scaricata l’attrezzatura, inerpicarmi a piedi per il colle. È mattina presto e solo lo scricchiolio della neve mentre cammino rompe il silenzio che sembra quasi surreale. Arrivato nei pressi dell’agriturismo Riccardi avvisto una coppia di caprioli che cerca di mangiare qualche filo d’erba che spunta dal terreno ghiacciato.

I caprioli

Questo ungulato è ormai numericamente abbondante in tutto il Parco locale di interesse sovracomunale collinare, non avendo predatori naturali (a parte il passaggio occasionale del lupo) ed è destinato ad espandersi fortemente nei prossimi anni. Indosso la tuta mimetica ma mi rendo conto che in mezzo a tutto quel candore serve a poco. Su un paletto in cemento osservo cautamente una poiana. È il rapace più grande che nidifica nel territorio lodigiano, un predatore perfetto ed opportunista. La osservo mentre scruta attentamente il terreno circostante alla ricerca di qualche arvicola (un piccolo roditore), appena cerco lo scatto perfetto vengo notato facendola scappare su un paletto più distante.

I pettirossi

Decido allora di spostarmi nel bosco della Moccia di fianco all’agriturismo Panizzari, qui la natura sembra essere in subbuglio: decine di pettirossi emettono il loro canto, volando freneticamente da un ramo all’altro alla ricerca di cibo. Questo passeriforme è il simbolo della vita che sopravvive anche al freddo dell’inverno. Secondo una nota leggenda, i pettirossi erano in origine tutti grigi, dal capo alla coda. Un pettirosso si trovava sul Golgota e, vedendo un uomo crocifisso, cercò di liberarlo dalla corona di spine che portava in testa e, nel farlo, si macchiò il petto con il suo sangue. Non solo il pettirosso, anche diversi esemplari di fringuello e di codibugnolo danno spettacolo.

Aironi, cormorani e il Martin pescatore

Abbandono il colle dirigendomi lungo il corso del fiume Lambro per vedere come se la cavano gli animali che sopravvivono anche grazie all’ambiente acquatico. In località Ghisella (Borghetto Lodigiano) un paio di aironi guardabuoi (chiamati così perché nell’ambiente africano deve vivono sono soliti nutrirsi dei parassiti della pelle del bestiame) giacciono immobili, semi congelati. Va meglio invece a un airone bianco maggiore che, sfruttando dei piccoli canali adiacenti al Lambro, riesce catturare un piccolo pesce siluro. Dove l’acqua è più bassa e pulita trova nutrimento anche il coloratissimo Martin pescatore che, abbandonato il grande fiume, si dedica alla pesca gettandosi nelle gelide acque. È sempre emozionante vederlo riemergere con un pesciolino nel becco. Un altro pescatore eccezionale è il cormorano, riesco ad osservare quattro esemplari posati su un albero mentre cercano di asciugare le loro piume che a differenza di altri uccelli sono permeabili. Questo volatile passa la maggior parte del tempo a riposare dedicando solamente il venti per cento della giornata a pescare.

Il sole è ormai calato e una magnifica luna piena rende il panorama ancora più magico ed incantato. E ora di fare ritorno a casa. Passando di nuovo sopra il colle penso a tutti quelle creature incontrate oggi che nel gelo dell’inverno lottano per sopravvivere. La natura è un sistema perfetto e sta a noi cercare di non alterare troppo questo equilibrio prima che sia tardi.

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