Codogno perde Adriano Croce, sindaco per tutti e senza tessere

Alla fine del suo secondo mandato, in consiglio maggioranza e opposizione lo salutarono in piedi

All’ultimo consiglio comunale, di fine del suo secondo mandato, fu tutta l’aula ad alzarsi in piedi. Adriano Croce, “l’avvocato”, sindaco “emerito” di Codogno che ha amministrato dal 1996 al 2006, è morto ieri nella sua casa di via Cavallotti al termine di una dura battaglia contro la malattia. Aveva 82 anni. Rimasto orfano di padre a sedici, con la mamma Zina titolare di una gelateria in via Roma a crescere lui e i due fratelli, il giovane Croce entra in seminario che però abbandona per il liceo classico Verri a Lodi e quindi si iscrive all’università. Facoltà giurisprudenza. È un ottimo studente, e per mantenersi gli studi lavora in banca, ma il suo destino è segnato.

Dopo un breve praticantato dal notaio Bignami di Codogno, con il collega Ciocca rileva lo studio dell’avvocato Cighetti in via Roma, e non appena gli affari vanno bene ne apre uno suo in via Vittorio Emanuele. Rigoroso. Parco di parole. Quelle che dice sono parole “esatte”. L’avvocato Croce si fa strada e presto tra i suoi interessi si affaccia anche la “cosa pubblica”. Negli anni Settanta riveste il primo incarico come consigliere comunale, e non sa che quell’avventura diventerà parte significante della sua vita. Non è la politica in senso stretto a interessarlo, e rifiuterà fino all’ultimo tessere di partito, ma l’amministrare, il decidere.

«Era uno spirito forte, autorevole, un decisionista», il ricordo di lui. Ciò che gli interessa è il bene comune. L’occasione per dedicarcisi non arriva però subito. Per un po’ si dedica alla professione. Mette su famiglia. Sposa la storica dell’arte Laura Putti e insieme hanno due figlie, Ilaria e Flora. Il ritorno sulla scena pubblica è nel 1995. Quando l’avvocato Croce accetta di capeggiare una lista di centrodestra formata da Forza Italia, Alleanza Nazionale e Udc, e si presenta come candidato sindaco. A vincere le elezioni però è il centrosinistra, e dai banchi dell’opposizione Croce prepara la sua riscossa. Dopo pochi mesi infatti il sindaco neoeletto Fiammenghi si dimette, e si apre la strada per una ricandidatura dell’avvocato, come ricorda colui che all’epoca gli era al fianco, Emanuele Dossena: «Dopo un’intensa opposizione riuscimmo a spaccare la maggioranza sul “Piellone” (piano di lottizzazione lato Cavacurta). Riuscimmo a convincere consiglieri della maggioranza a firmare una mozione di sfiducia e Fiammenghi si dimise per non fare arrivare il commissario».

Il vicesindaco Lottaroli porta il Comune alle elezioni e nel novembre ’96 Croce viene eletto sindaco. «In quattro anni e mezzo e nei successivi cinque in cui venne riproposto e riconfermato abbiamo ridisegnato Codogno – rivendica Dossena, vicesindaco della giunta Croce -. La vendita della farmacia al San Biagio ci permise di rifare piazza Cairoli e il centro storico. La città come la vediamo oggi è il risultato dell’attività di dieci anni suoi e dei cinque miei». Diversi in tutto, i due non vanno d’accordo sempre, ma e legarli è la reciproca stima. Come emerge nel ricordo di Dossena quando si fa personale: «Era uno che prima di parlare ci pensava, e dopo averci pensato magari non parlava. Con Croce si andava a dormire tranquilli perché non avrebbe mai fatto scelte avventate. Era un avvocato che trasferiva anche nell’impegno politico la sua esperienza». Quello “spirito di giurisprudenza”, citando le parole dell’amico, per cui non a caso era stato presidente dell’ordine degli avvocati di Lodi dal 1994 al 2005, unita a una curiosità per le persone, il mondo, la “bellezza”.

Alla verticalità delle idee. È dell’altro ieri l’ultima sua lettera su «Il Cittadino» contro il board della Bcc di cui era socio. Perché nel letto della clinica di Piacenza dov’è stato ricoverato prima di tornare a casa in città, fino a una settimana fa disegnava ancora progetti. Lunedì alle 10 in chiesa parrocchiale a Codogno i funerali. E tutti davanti all’avvocato Croce si alzeranno ancora una volta in piedi.

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