«Chiediamo un posto dove pregare»

La comunità islamica interviene in merito alla

zona di culto individuata a Zorlesco dove

si dovrebbe realizzare una chiesetta cattolica

«La moschea è il sogno di ogni fedele, ma sappiamo che non è possibile averla a Casale e non la chiediamo. Ci basta un centro dove poter svolgere le nostre attività, e questo chiediamo al Comune, rispettando l’amministrazione e la comunità dove viviamo, lavoriamo e paghiamo le tasse». L’associazione islamica interviene sulla questione relativa a un’area di culto individuata nel Piano di governo del territorio alle porte di Zorlesco. Il Comune l’ha individuata perché così aveva imposto il Consiglio di Stato nella sentenza di fine 2010 che dava ragione all’amministrazione in merito al divieto di far pregare gli islamici nello stabile di via Fugazza. L’amministrazione però ha fatto in modo che l’area di 3.700 metri quadrati sia destinata alla costruzione di una chiesetta cattolica, da realizzarsi da un privato su area acquistata dal Comune per 50mila euro circa. Ma i dubbi interpretativi restano. La sentenza spiegava: «Il Comune non potrebbe sottrarsi da dare ascolto alle eventuali richieste in questo senso che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del libero esercizio, garantito a livello costituzionale, e non solo nel momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalità di utilizzo del territorio». E gli islamici una richiesta effettivamente l’hanno fatta, presentando un’osservazione al Pgt perché si sani la situazione dell’area di loro proprietà di via Crema, oltre la ferrovia, su cui da tempo portano avanti le loro attività, non senza contrasti con il Comune. «Questa è la parte tecnica della vicenda - dice il presidente Abdellah El Murabaa -. Noi non chiediamo una moschea, perché sappiamo che una moschea a Casale non può stare. Al tempo stesso abbiamo chiesto più volte di poter operare in un centro dove poter svolgere le nostre attività. Abbiamo comprato un’area, l’abbiamo risanata e attrezzata, e abbiamo fatto tutto nel dialogo con il Comune. Noi non cerchiamo lo scontro, anzi vogliamo condividere con l’amministrazione una soluzione». Quest’estate il Comune aveva vietato l’uso della tensostruttura montata nell’area, ma dopo incontri con prefetto e questura, e le osservazioni dell’associazione islamica, la struttura è ancora funzionante. «Noi viviamo qui e lavoriamo qui, e vogliamo essere una parte di questa città - continua il presidente -. La politica fa il suo corso, e qualche volta alza la voce contro di noi, ma noi vogliamo solo operare con serenità. Se ci saranno nuove ordinanze contro i nostri diritti, ci difenderemo. Ma proprio non è possibile trovare una soluzione condivisa e pacifica per tutti?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA