Adesso anche a Lodi c’è via Ramelli: il sindaco Casanova scopre la targa - VIDEO

«Un gesto che punta alla riconciliazione nazionale»

In occasione del 46° anniversario della tragica scomparsa di Sergio Ramelli, studente diciottenne, proveniente da una famiglia di origini lodigiane, vittima di una brutale aggressione a Milano, l’amministrazione comunale di Lodi ha intitolato questa mattina alla sua memoria una via di Lodi, tenendo fede all’impegno preso davanti al Consiglio comunale il 6 febbraio 2020. Si tratta della strada di collegamento tra via Cavallotti e via Piave, al Revellino. Significativa la cerimonia, nonostante i numeri ridotti e il distanziamento ancora imposti dal Covid. «In nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un’unica pietà i morti di un periodo oscuro della nostra storia e come monito alle generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere», la motivazione ricordata dal sindaco Sara Casanova. Che ha aggiunto: «Sergio Ramelli proveniva da una famiglia lodigiana e, come tanti coetanei, viveva l’adolescenza diviso tra studio, passione per il calcio e impegno politico. Era attivista del Fronte della Gioventù ed esprimeva liberamente le proprie idee, anche tra i banchi dell’istituto tecnico Molinari di Milano, dove tuttavia divenne ben presto bersaglio di minacce e aggressioni, tali da costringerlo a proseguire l’anno scolastico in un istituto privato. Il 13 marzo 1975, mentre stava rientrando a casa, venne assalito da studenti appartenenti al gruppo extraparlamentare di  Avanguardia Operaia , armati di  chiavi inglesi con cui lo colpirono ripetutamente al capo. Morì il 29 aprile del ‘75, al Policlinico, dopo 47 giorni di agonia. Oggi riposa nel Cimitero Maggiore di Lodi. L’anniversario di questa tragica scomparsa, a 46 anni di distanza, ci porta a onorare la memoria di un ragazzo, prima perseguitato per aver manifestato e difeso le proprie posizioni, e infine barbaramente ucciso da avversari politici che neppure lo conoscevano. In una lettera, inviata alla madre di Ramelli, dieci anni dopo quei tragici avvenimenti, cinque degli imputati nel processo per omicidio scrissero: “Non avevamo nulla di personale contro suo figlio, non lo avevamo conosciuto né visto; ma, come troppo spesso accadeva in quel periodo, il fatto di pensare in modi diversi, automaticamente diventava causa di violenza gratuita e ingiustificabile”.

A margine anche un commento di Patrizia Baffi, consigliere regionale eletta a Codogno per il Pd e recentemente passata a Fratelli d’Italia: «Condivido le parole e le motivazioni con cui già negli anni ‘80 si intitolavano vie a Sergio Ramelli – continua Patrizia Baffi -: si tratta di pacificazione nazionale, di un’unica pietà per i morti in un periodo particolare della storia d’Italia».

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