A Paullo si raccoglie il plasma iperimmune che può salvare la vita ai malati gravi

Continua il progetto della Fidas, tante le persone guarite dal covid che si sono candidate al prelievo

La Fidas di Paullo, Federazione italiana donatori di sangue, è in prima linea nella donazione di plasma iperimmune per contrastare gli effetti del Covid. La comunità islamica, i cittadini di Paullo e dei comuni limitrofi stanno danno un importante contributo da donatori presso gli ospedali San Raffaele di Segrate e Predabissi di Vizzolo. Una dozzina sono le persone che si sono sottoposte alla plasmaferesi, ma almeno il doppio sono coloro che hanno dato la loro disponibilità a farlo. A sei mesi dall’avvio, con il progetto condiviso da Regione Lombardia, è stato possibile raccogliere dalla metà di luglio una dozzina di sacche di plasma. «La Fidas di Paullo ha 300 donatori, il 10 per cento circa ha aderito all’appello che abbiamo fatto e il 3,40 per cento è risultato idoneo – spiega il presidente Gianpaolo Corda -. Dona solo chi ha contratto la malattia e per questo i numeri sono comunque circoscritti. Di essi solo chi aveva un titolo anticorpale idoneo ha potuto donare il plasma iperimmune con i Servizi di medicina trasfusionale. Ad esempio, mia figlia ha svolto il test presso il San Raffaele per la donazione del plasma iperimmune, ma il livello anticorpale era basso». Il plasma iperimmune, donato da persone che hanno già contratto l’infezione da Sars-CoV-2, sia in forma grave che paucisintomatica, è una risorsa preziosa perché presenta un elevato livello di anticorpi specifici utili a neutralizzare il virus nelle persone malate e a ridurne la carica virale, attraverso l’immunizzazione passiva. «C’è tantissima gente che ci chiede, si fa avanti per donare plasma iperimmune, anche chi non è donatore Fidas –afferma Corda –. Persone che hanno contratto il virus e che vogliono aiutare gli altri. Purtroppo, in questo periodo disgraziato, fa da contraltare il crollo verticale delle donazioni di sangue, il 30 per cento in meno. Se da una parte c’è la voglia di chi sa del male che può fare il virus a mettersi al servizio degli altri, dall’altra c’è tanta paura di altri di uscire e contrarre il virus semplicemente recandosi presso le strutture ospedaliere. Per questo è necessario fare dei chiarimenti, soprattutto riguardo gli ospedali che offrono condizioni di estrema sicurezza per la donazione: ci sono percorsi in cui non si entra in contatto con altre persone e non si rischia assolutamente niente. Donare fa bene, non fa male».

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