A Codogno l’ostetricia è chiusa, le future mamme vanno a Piacenza

Poche partorienti scelgono la struttura ospedaliera di Lodi

La compagna di Fabrizio è al nono mese di gravidanza e temendo possa avere il travaglio mentre lui è al lavoro, ha chiesto alla Croce rossa se potrà trasportarla all’ospedale di Piacenza dove opera il suo ginecologo. Ma è fuori Regione e nell’eventualità sarà portata a Lodi. Sono moltissime le donne della cerchia di comuni intorno a Codogno che oggigiorno scelgono di partorire al nosocomio di Piacenza, hanno iniziato a farlo da aprile del 2018 quando è stato chiuso il punto nascite dell’ospedale cittadino (foto sopra), e vuoi per la vicinanza e poi per una sorta di “trend”, quasi nessuna prende in considerazione l’ospedale Maggiore a Lodi, preferendo quello piacentino. E chi risiede a Castelnuovo-Meleti rivolgendosi a Cremona. La conferma di un fenomeno che appare irreversibile arriva dalla dottoressa Antonella Frigoli, ginecologa di Codogno dipendente dell’azienda ospedaliera, che in questi anni ha vissuto in prima persona la parabola discendente di un reparto, quello di ostetricia a Codogno, passato dall’essere un fiore all’occhiello alla sua cancellazione. «La nostra ostetricia era come una “clinica privata” per l’accoglienza che ha sempre avuto, e le piacentine venivano a partorire a Codogno – spiega la dottoressa -. Regione Lombardia dovrebbe chiedersi se abbia fatto bene a chiuderla, perché adesso il flusso è contrario, moltissime donne della Bassa Lodigiana vanno a partorire a Piacenza, per un discorso di tipo logistico perché a dieci minuti di macchina da qui, per abitudine e perché non fidelizzate con l’ospedale di Lodi». Ma se da un lato la scelta di dare alla luce il proprio bambino nella città più vicina è comprensibile, lo è meno quella di farsi assistere durante la gravidanza fuori Regione. Perché «l’azienda ospedaliera si è impegnata a mantenere a Codogno l’attività di ambulatorio e la gravida è seguita dalla A alla Z ma è mal conosciuta», osserva la ginecologa, che insieme ai colleghi Benedetto Arena e Silvia Zanchi assicura assistenza alle pazienti, e lo stesso fanno le ostetriche con le “gravidanze a basso rischio” per cui la legge prevede che siano loro, sotto la vigilanza dei ginecologi, ad accompagnare la donna prescrivendole esami, ecografie e tutto quel che serve e può fare in loco.

A Codogno si eseguono anche i piccoli interventi e i day hospital, colposcopie e vaccinazioni per il papilloma virus per gli adulti, e le donne che ne sono al corrente fanno a meno di andare fuori territorio. Ma poi succede che «all’ottavo mese di gravidanza mi chiedono di fare la presa in carico a Piacenza per partorire là - spiega la dottoressa Frigoli -. Ed è un dispiacere perché io voglio difendere il territorio di Codogno». Lei sì.

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