2012, l’anno orribile delle carceri d’Italia

Il 2012 è stato un vero «annus horribilis» per il sistema carcerario italiano: per le persone detenute, per gli agenti di polizia penitenziaria, per chi ama la libertà (e per questo ha a cuore anche la libertà di coloro che apparentemente non la meritano). Eppure, per mia parte, su queste stesse pagine, il 9 gennaio 2012 esprimevo la possibilità che l’emergenza potesse essere superata, a piccoli passi. Le buone del sistema penitenziario (il primo provvedimento di natura non economica assunto dal nuovo governo). Le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Paola Severino, in tema di sovraffollamento («il primo dei miei pensieri»), ma anche di amnistia e indulto («strumenti utili per alleviare l’affollamento nelle carceri»). Il decreto, poi convertito in legge, di chiusura degli OPG – i sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari presenti sul territorio nazionale («autentico orrore indegno di un paese appena civile», secondo le parole di Giorgio Napolitano) - entro il 31 marzo 2013.A distanza di un anno, il fallimento delle buone intenzioni è innegabile. Il 21 dicembre scorso, ultimo giorno utile prima dello scioglimento delle Camere, il Senato non ha neppure posto in votazione il disegno di legge in materia di misure alternative alla detenzione, licenziato due mesi prima dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. A seguito dell’applicazione delle misure urgenti di contrasto al sovraffollamento, il numero delle persone detenute è diminuito di appena duemila unità (altro che decreto «svuota carceri», come titolarono i media). E non è certo che tutti gli OPG chiudano effettivamente il 31 marzo prossimo, in quanto poco o nulla è stato fatto perché le persone internate fossero trasferite in strutture idonee, rispettose della dignità umana.Nonostante il Natale e il Capodanno, in tema di carcere non c’è davvero nulla da festeggiare, come affermano associazioni di tutela delle persone detenute e organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria.A fronte di una capienza regolamentare di 45.584 posti, le persone ristrette sono 65.752 (in base a quanto affermato da Paola Severino il 28 dicembre scorso): gli oltre ventimila esuberi consentono all’Italia di mantenere il triste primato delle carceri più sovraffollate dell’Unione Europea. E anche delle strutture più degradate, nonostante il piano carceri e nonostante le ristrutturazioni di alcuni istituti, che hanno comportato costi altissimi a fronte di un modesto aumento della capienza.È evidente che le pessime condizioni igienico-sanitarie dei penitenziari italiani sono aggravate dal sovraffollamento, ma non sono determinate soltanto da questo. In carcere, per esempio, un banale problema odontoiatrico è curato con la somministrazione di antidolorifici a oltranza, non con interventi conservativi, che risultano assolutamente impraticabili “dentro” e che una volta “fuori” sono spesso tardivi. Le patologie più diffuse nelle carceri italiane sono i disturbi psichici e le malattie dell’apparato digerente (indotte dalla carcerazione), quindi le malattie infettive e parassitarie (causate da promiscuità e sovraffollamento); in ragione della giovane età delle persone detenute le patologie che normalmente si presentano in età avanzata sono minoritarie, ma con esito talvolta drammatico perché non vi sono le condizioni minime per curarle.Nel 2012 il computo delle persone morte in carcere ha toccato quota 154, di cui 60 suicidi accertati (Ristretti Orizzonti); a questi si aggiungono 8 agenti di polizia penitenziaria, che con gli internati condividono il dolore di essere separati dalla realtà e dalla vita. Nell’ordine del migliaio il numero di tentati suicidi, sventati grazie all’intervento di agenti e compagni di cella.Ora, tuttavia, la legge di stabilità non solo riduce gli organici degli operatori adibiti alla custodia e al reinserimento (agenti, educatori, psicologi), ma dimezza le risorse per vitto, vestiario e manutenzione delle persone ristrette. E dire che per i pasti «al carrello» (a cura dell’amministrazione) sono attualmente previsti poco più di tre euro al giorno. È possibile spendere meno di tre euro per colazione, pranzo e cena? I detenuti poveri, che non hanno la possibilità di acquistare a spese proprie generi alimentari e di conforto, patiranno letteralmente la fame.La stessa legge di stabilità cancella anche la modestissima somma prevista per il finanziamento del lavoro carcerario (agevolazioni fiscali ai datori di lavoro che assumono persone detenute). E dire che il lavoro rappresenta l’opportunità per eccellenza di reinserimento nella comunità: «il lavoro carcerario abbassa le possibilità e i rischi di ricaduta nel reato in maniera assolutamente significativa» (così Paola Severino). In altre parole, minore recidiva e maggiore sicurezza sociale, dunque risparmio sui costi delle carceri (e sulle vite delle persone). La crisi economica è feroce, ma, guarda caso, la macelleria sociale colpisce sempre gli ultimi: «circa l’80% della popolazione carceraria è, infatti, costituita dalla cosiddetta detenzione sociale, ovvero da persone che vivono uno stato di svantaggio, disagio o marginalità (immigrati, tossicodipendenti, emarginati) per le quali, più che una risposta penale o carceraria, sarebbero necessarie politiche di prevenzione e sociali appropriate» (Giuristi Democratici, 31.10.2012).Sono poco più del 2%, invece, gli uomini-ombra: circa 1.500 condannati a vita, per i quali il fine pena non arriverà mai. Quasi altrettanti sono gli internati negli OPG: autori di reati, certo, ma anche malati bisognosi di cure. E oltre 60 i piccoli da zero a tre anni che sono reclusi con le loro madri in carcere, «luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di corretto sviluppo psico-fisico del bambino» (ancora Paola Severino).Il 2012 è stato dunque un vero «annus horribilis» per le carceri italiane: belle parole e buone intenzioni non sono mancate, è innegabile, ma altrettanto innegabile è che sono mancate la volontà e la capacità di tradurle in azione concreta e in prassi condivisa, senza le quali i migliori propositi risultano vani e derisori.E il 2013 inizia ora con una condanna annunciata: l’8 gennaio la Corte Europea per i Diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il sovraffollamento carcerario. È stato accolto, infatti, il ricorso di sette detenuti nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza, con meno di tre metri quadrati a disposizione per ciascuno (condizione comune a molti, moltissimi istituti di pena italiani, compreso quello di Lodi) e perciò vittime di «trattamento inumano e degradante». È la seconda volta (la prima fu il 16 luglio 2009, a seguito del ricorso di Izet Sulejmanovic, già ristretto a Rebibbia), ma non sarà l’ultima: come le associazioni di tutela (Antigone) denunciano da tempo, sono oltre 550 i ricorsi contro lo Stato italiano depositati a Strasburgo, per la stessa ragione.Uno Stato recidivo, colto in flagranza di reato, nel quale - come afferma Marco Pannella – i «luoghi del diritto e delle libertà» (e della speranza) sono i penitenziari, perché «è il carcere che lotta con la non-violenza in nome del diritto», per la libertà di tutti.

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