Quattro Roth, una sola amara disillusione

Cosa hanno fatto i protagonisti di questi quattro romanzi di Philip Roth raccolti sotto il titolo del più recente, Nemesi, per meritare quello che hanno avuto in sorte? Quali colpe manifeste o segrete o atti tanto ignominiosi per veder crollare le loro vite sotto i colpi di un destino impietoso? Questa è la domanda esistenziale e metafisica sottesa alle straordinarie prove narrative di quello che è probabilmente il più grande scrittore contemporaneo, erede e interprete della più alta tradizione realistica della letteratura al di là e al di qua dell’Atlantico. Il cardiopatico eroe di Everyman, brillante pubblicitario in pensione afflitto da problemi di salute che lo angustiano fino a perdere la vita sotto i ferri dell’ennesima operazione, è un uomo dalla moralità per molti versi discutibile che abbandona prole e una moglie fedele per accondiscendere a rinnovati e possenti desideri erotici; che a cinquant’anni scopre una libertà convenzionalmente riprovevole, e che comunque non merita la solitudine in cui si vede costretto a passare gli ultimi anni, evitato e disprezzato dai figli e praticamente solo a combattere contro la propria decrepitezza e ad assistere a quella che affligge il proprio scarno entourage di coetanei. Marcus Messner, protagonista di

Indignazione, è un ragazzo di grande talento, lucido e onesto, che per sfuggire a un padre paranoicamente soffocante va a studiare in un college lontano da casa, dove la sua brillantezza è invischiata in una rete di ipocrisie cui strenuamente cerca di opporsi. Vittima di malignità e rancoroso perbenismo, nonostante la sua eccellenza verrà spedito in Corea, teatro di guerra in cui subirà una ferita mortale; e proprio nell’agonia delirante, imbottito di morfina, percorre a ritroso la sua amarissima storia. È ancora un impossibile riscatto attraverso la violenta immersione nell’eros che tenta il celebre attore in crisi di L’umiliazione, Simon Axler, avviando una relazione con la giovane lesbica Pegeen: vicissitudine di giochi perversi e ambigue attrazioni che si risolverà con un brutale, umiliante abbandono da parte di lei. Ma l’esemplarità dell’ingiustizia terrena e delle sue discutibili ritorsioni raggiunge l’apice nell’ultimo romanzo della raccolta, Nemesi appunto, dove un ventitreenne dinamico e generoso istruttore di ginnastica, Mr. Cantor, viene coinvolto nella terribile ondata di poliomielite che semina vittime tra i bambini di Newark. Malgrado anch’egli finisca per contrarla, rimanendo seriamente handicappato, il senso di colpa per non aver fatto abbastanza in soccorso dei suoi cari adolescenti unito all’infondato sospetto di essere stato lui stesso la fonte di molti contagi lo accompagneranno per tutta la vita e ne faranno una specie di Giobbe moderno che impreca insieme al cielo e a sé stesso. È qui, in quest’opera, che l’interrogazione sul senso dell’esistere si fa esplicita come forse mai prima in Roth, sfociando in un’accusa pesante rivolta al Creatore. Un Dio malvagio, grida Mr. Cantor, che saccheggia vite innocenti e permette la guerra, oppure - nelle parole del testimone, altro reduce della polio che ci racconta la storia - che si vanifica in pura illusione e lascia libero il campo alla semplice e indifferente azione del caso.

«A volti si è fortunati e a volte non lo si è. Ogni biografia è guidata dal caso e, a partire dal concepimento, il caso - la tirannia della contingenza - è tutto. È al caso che ritengo Mr. Cantor si riferisse quando vituperava quel che lui chiamava Dio». Prospettiva assolutamente laica e priva di residue speranze quella della letteratura di Roth.

Philip Roth - Le Nemesi - Everyman, Indignazione, L’umiliazione, Nemesi - Einaudi, Torino 2016, pp. 520, 19 euro

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