Gli Zambelli della Corte Barbazza

Ho in mente alcuni vini da pasto, belli robusti, tagliati per ispessirne il gusto, e mi viene facile immaginare così il vecchio patriarca Angelo Zambelli, classe 1886, figlio di Pietro, anch’egli agricoltore di trascorse generazioni: seduto ad un tavolo, mentre solleva un bicchiere, e dalla trasparenza del vetro, mira il rosso vivace di un bonarda d’annata, roteando la liquidità della superficie e pregustandone la vivacità del sapore.“El banin” Era soprannominato “el Banin” il patriarca Angelo Zambelli: il commercio del vino voleva, nella considerazione della gente, che dovesse essere per forza nato a San Colombano al Lambro, culla dei più nobili vigneti della zona. E questo soprannome gli era rimasto malgrado, agli inizi, Angelo Zambelli, brontolando, chiarisse di essere invece originario di Borghetto Lodigiano dove, e prima ancora di lui suo padre, conduceva la cascina Regona.Nel 1908 Angelo Zambelli aveva sposato Maria Moroni, originaria di Tavazzano con Villavesco; il padre di lei era stato sindaco del paese, e aveva un’ottima predisposizione per la musica. Maria era una donna pia e devotissima, che aderiva a qualunque iniziativa benefica che coinvolgesse poveri, orfani, diseredati e bisognosi: al tempo stesso, possedeva un piglio fermo e deciso, grazie al quale aveva aiutato il marito nella gestione delle attività agricole e commerciali.Dopo il matrimonio, i coniugi Zambelli s’erano spostati a Massalengo. Qui, pur continuando a condurre qualche ettaro di terra, avevano avviato un’osteria con annessa trattoria alla buona, gestita direttamente dalla signora Maria, coadiuvata dalle figlie femmine. L’esercizio fumantenuto sino alla metà degli anni Quaranta. In quegli anni a Massalengo vi erano cinque osterie e ciascuna aveva i propri clienti fissi durante la settimana, mentre il sabato e la domenica veniva anche gente da fuori, prevalentemente contadini delle campagne limitrofe. un commerciante nato Angelo Zambelli, durante quel periodo, s’era particolarmente ingegnato nelle attività commerciali, trattando fieno, erba, piante, le angurie in estate, ma soprattutto divenendo un ottimo affarista nel settore dei vini. Aveva preso accordi con alcuni vigneti del meridione, in Puglia ed in Sicilia, qui nella zona di Pachino, dove si recava personalmente per curare il mosto da trasferire al Nord.La prima tappa quando ad ogni vendemmia giungeva in Sicilia era dedicata al Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa: lì si raccoglieva in preghiera, e non mancava di concedere una lauta offerta per le necessità della chiesa. Poi si dedicava agli affari ed al lavoro. I siciliani lo guardavano ammirato, per quel suo modo di fare sbrigativo e alla mano, e per quel suo apparire imprenditore di rango eppure capace di andare all’alba nei vigneti, sgobbando sodo e in prima persona. In Sicilia gli avevano attribuito un altro soprannome; e mentre nel lodigiano questo si definisce come “scumagna”, nell’isola si celebra come “’ngiurìa”. Ecco, a Angelo Zambelli era stata data la “’ngiurìa” de l’“Americano”! E probabile che tale titolo onorifico - i siciliani avevano una stima elevatissima per gli americani - fosse stato utilizzato per un’eccentrica eleganza del signor Angelo, che indossava sempre un foulard, stretto sotto al collo non da un nodo, ma da un anello d’oro.L’americano Angelo Zambelli era persona affabile e gioviale all’esterno, stimato ed apprezzato dalla generalità dei suoi fornitori e della propria clientela, ma in casa era inflessibile sulle regole, e pretendeva che tutto funzionasse alla perfezione.un lunga figliolanza I coniugi Zambelli ebbero otto figli, di cui quattro erano i maschi; di questi, uno si laureò in Farmacia - Luigi - ed esercitò prima a Massalengo e successivamente a Melegnano. Gli altri tre, Abele, Andrea ed Ettore, si affiancarono al padre, i primi due dedicandosi alle attività commerciali, mentre il terzo- appunto Ettore, testimone di questa storia - curò l’impegno agricolo, pur sempre in società con i fratelli. E mentre il commercio s’ampliava, con una capillare distribuzione tra Lodigiano, Cremonese e Milanese, anche quello agricolo cominciava a rafforzarsi: infatti, agli inizi degli anni Sessanta i fratelli Zambelli acquistarono un podere con annessa cantina sulle colline di Canneto Pavese, dove la terra era difficile da lavorare, perché tutta a saliscendi, e si andava solo di vanga, da spaccarsi la schiena e le mani. Ma Ettore non si lamentava mai perché quella era la vita che aveva e che apprezzava, malgrado le tante fatiche. Egli aveva sposato Luisa Dossena, originaria di Pieve Fissiraga: la coppia aveva avuto due figli, Agostino, che ha studiato Medicina e oggi esercita la professione a Tavazzano, e Severo, agricoltore.La signora Luisa ha fatto la casalinga, ma la sua presenza è stata preziosa, perché da donna concreta, ha sempre saputo dare il consiglio giusto al momento opportuno, e comunque dedicandosi ai figli, ha sempre lasciato sereno il marito, impegnato su più fronti nelle attività lavorative. un acquisto prezioso Nel 1976 vi fu un ulteriore evento: a Massalengo la corte Barbazza, che apparteneva al conte Vitali, sposato con una Premoli, veniva posta in vendita; l’affittuario, Giovanni Zanoni con la moglie Rosa Vailati, avevano il diritto di prelazione, ma non avendo avuto figli, decisero di non avvalersene. Tuttavia loro erano gli zii della signora Luisa, la moglie di Ettore; non solo: lo zio Giovanni aveva un debole per Severo, a quel tempo un marmocchio, ma che si rivelava appassionato di trattori e dei mestieri di campagna, e che non ancora undicenne chiedeva di essere impegnato nei lavori di pressatura della paglia. Sciur Giovanni era una persona particolare: fondamentalmente buono d’indole, quando s’arrabbiava aveva formidabili impennate di nervosismo, e sembrava dovesse venire giù il mondo, ma dopo due-minuti-letteralmente-due, ogni rabbia gli sbolliva e, come se nulla fosse mai accaduto, tornava ad essere la persona più serafica dell’universo. Era estremamente competente e di ogni cosa sapeva calibrare i punti di forza come quelli di debolezza. E fu proprio per questa sua dote innata che sciur Giovanni Zanoni vide nel pronipote Severo una sorta di predestinato e convinse il conte Vitali a vendere la corte Barbazza ai fratelli Zambelli. L’attività agricola, dunque, s’intensificò: l’azienda vantava una stalla con una sessantina di bovine da latte, oltre ad una quarantina in allevamento. La produzione di latte, conferito alla Polenghi, fu mantenuta per una decina d’anni. Poi, per via della corte così attigua al centro del paese, si decise di chiudere i battenti della stalla.non solo un mestiere Negli ultimi anni, Severo Zambelli, nato nel 1961, ha dunque proseguito il proprio impegno agricolo coltivando terreni, producendo mais, soia, frumento, talvolta anche orzo. Non è questione di reddito. Non è solo un mestiere, quello di Severo. Nella sua relazione con la terra c’è una profonda interpretazione dell’esistenza. Come un linguaggio. Un modo di esprimersi. Severo, con il suo sorriso buono, quasi timido, forse solo gentile, è per me l’uomo che parla alle zolle, e che accarezza le pianticelle che sorgono, ed incoraggia i virgulti dei primi fusti che si slanciano al cielo. In paese, è amico di tutti: dal vecchietto che si attarda al tavolo del bar in cerca di un compagno col quale giocare un’ultima briscola, alla giovane promessa dei Pulcini della locale squadra di calcio che vuole commentare l’ultima prodezza di un calciatore famoso.Ma egli si sente pienamente realizzato sui campi, dove sta anche dodici ore consecutive, sempre con la stessa leggerezza e serenità, avvertendo la fatica solo all’ultimo istante della giornata. Gli piace il ciclo delle stagioni, e quella da lui preferita è l’autunno, per certe atmosfere che le temperature di quei giorni sanno rivelare, e perché è il tempo del raccolto, di andare a scoprire ciò di cui la terra è stata benigna.Severo ha sposato Elena Saccò, originaria di Lodi, da cui ha avuto due figli maschi; Massimo, che ha 21 anni, e frequenta il corso universitario di studi d’Ingegneria elettronica, e Giuliano, che di anni ne ha 18, studia ragioneria e nel tempo libero dà una mano al padre sui campi. Potrebbe essere lui la quinta generazione accertata a tenere alto il vessillo dell’agricoltura in casa Zambelli. Lo dirà il tempo, che da Borghetto Lodigiano, ai vigneti di Pachino, alle colline di Canneto Pavese ai campi di Massalengo ha segnato una lunga scia di intime gioie e soddisfazioni, attendendo un nuovo autunno, ed un altro raccolto.

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