I “Tarsaröi” della Chierichetto

I capostipiti della famiglia Montanari arrivarono a Guardamiglio nel 1912: vennero chiamati così perché da affittuari trattenevano un terzo del raccolto

«Peccato che lei non abbia conosciuto in tempo mio padre Mario», mi dice Margherita Montanari, coltivatrice diretta della cascina Chierichetto di Guardamiglio. Peccato davvero, mi ritrovo a pensare anche a distanza di giorni dal nostro incontro. Perché il signor Luigi Montanari, detto appunto Mario, nato nel 1922 e morto nel 2011, era un autentico patriarca dell’agricoltura lodigiana. Così, mi tocca immaginarlo per quegli spicchi di ricordi che oggi i suoi eredi mi raccontano.

Tre fratelli, una “scumagna”Dai loro aneddoti ricostruisco anche le vicende dei capostipiti dei Montanari, originari di Caselle Landi, che a Guardamiglio arrivarono nel 1912. I tre fratelli Augusto, Felice e Giovanni avevano una “scumagna”: erano chiamati Tarsaröi, perché nel loro ruolo di affittuari tenevano il terzo del raccolto, cedendo la rimanenza alla proprietà.La possessione Chierichetto apparteneva al signor Edoardo Ferrari, proprietario della fornace di Corno Giovine. Fu da lui che Augusto Montanari acquistò metà della porzione nel 1930 e l’anno successivo suo fratello Felice prese l’altra metà.Felice Montanari aveva sposato Giovanna Merli di Guardamiglio, orfana di madre, il cui padre commerciava lino, mentre i fratelli gestivano due macellerie a Guardamiglio e Codogno. La signora Giovanna aveva alcune certezze: il lavoro, la famiglia e il santissimo Rosario, recitato ogni sera.Felice e Giovanna ebbero otto figli. Federico, nato nel 1915, una volta maggiorenne si sposò e andò a gestire una salumeria a Piacenza; Giuseppe detto Pino, nato nel 1926, rimase in cascina; Giulio, che era del ‘20, si rivelò un ottimo studente e fu mandato in seminario; divenne prete e fu prevosto a Codogno, dove ristrutturò la chiesa della Trinità; eccellente insegnante di musica, suonava magistralmente il pianoforte; l’ultima parrocchia assegnatagli fu a Cervignano d’Adda.Le figlie femmine erano quattro: Palmira ed Elena lavorarono in casa come sarte; poi c’era Ines che si spostò a Tavazzano, infine Giuseppina, mamma dell’attuale sindaco di Guardamiglio, Maria Grazia Rossi Tondini.

Una figura centraleHo volutamente lasciato per ultimo, anche se non lo era anagraficamente, Mario, personaggio centrale nella dinastia dei Montanari. Egli, ventenne, partì militare e fu arruolato per la campagna di Russia. Fu dato per disperso e per molto tempo non si ebbero sue notizie, tanto che i famigliari lo pensavano morto. Mario, invece, combatteva per l’Italia e per sopravvivere. Essendo già di suo un uomo silenziosissimo, raramente gli capitava di parlare di quegli anni, ma quando lo faceva nelle immagini che proponeva risaltava tutto l’orrore che era stato costretto a vivere. Raccontava spesso, probabilmente influenzato dall’educazione materna, che a salvargli la vita fosse stata la preghiera alla Madonna, più volte accorsa in suo aiuto. Gli capitava di raccontare la fatica che facevano i militari durante la ritirata, come fossero dentro un interminabile cerchio di ghiaccio, dal quale non riuscivano assolutamente a venire fuori. Dopo i conflitti armati, lì sulla steppa innevata il nemico passava con il carro armato per asfaltare i corpi inermi dei rivali caduti, e in un paio di circostanze Mario, esamine sul ghiaccio, si sentì lambire il cingolato a pochi metri da lui.Era un uomo disponibile, e senza mai atteggiarsi ad eroe aveva offerto il suo aiuto ai commilitoni; del suo gruppo, faceva parte un suo concittadino: Alcide Bolzoni. Quest’ultimo fu ferito gravemente e Mario pensò di caricarselo sulle spalle cercando di ricondurlo nell’accampamento; Bolzoni era un peso morto, ma lucido: si rese conto che sarebbero morti entrambi, e cercò di persuaderlo affinchè lo lasciasse soccombere da solo, salvando almeno se stesso. Mario Montanari non volle ascoltarlo. Erano entrambi assiderati quando Mario scorse un asino: la bestia era congelata ed inizialmente, cadendo nella disperazione, egli pensò che fosse morta. Invece, dopo averlo scosso, l’asino mise ritto e riuscì a trotterellare, tenendo sul dorso il povero Bolzoni.Persino l’agricoltura gli era stata maestra nel fargli salva la vita: accadeva che i militari davanti ad un bivacco col fuoco si togliessero gli stivali per scaldarsi i piedi, Mario Montanari urlava a squarciagola di non farlo, ma il conforto di quel tepore ed i geloni ai piedi facevano togliere lucidità ai soldati; gli arti si gonfiavano e quando c’era da battere in ritirata gli stivali non calzavano più. I poveri ragazzi scappavano a piedi nudi sul ghiaccio. Mario fu assoldato come infermiere e assistette a numerose amputazioni. Poi fu fatto prigioniero e deportato in Kazakistan, dove lavorò nei campi di cotone. Con la popolazione russa si trovò bene, perché anche chi possedeva poco, non mancava di condividere quel che aveva con i prigionieri.

Una seconda vitaQuando rientrò a Guardamiglio alla fine del 1946, Mario Montanari, malgrado gli piovessero offerte di lavoro, anche dallo stesso amico Bolzoni, decise di restare in cascina, per aiutare i genitori, i fratelli e le sorelle, assumendosi la responsabilità del rilancio dell’azienda agricola. L’attività era soprattutto ad indirizzo zootecnico, con una stalla di una cinquantina di bovine; negli anni successivi, i Montanari aggiunsero alla loro proprietà altri terreni avuti in affitto da privati ed Enti.Nel 1945 Mario sposò Ester Mafalda Mizzi, di San Rocco al Porto, dove i genitori conducevano la cascina Belvedere. Nell’approcciarla, Mario si era comportato da galante marpione: lei era andata in bicicletta alla fiera di Codogno, e lui, sulla via del ritorno, gli si era accostato, con la scusa di accompagnarla. La signora Ester gli aveva detto che non era il caso, ma lui aveva fatto finta di nulla e continuava a pedalarle vicino. Malgrado fosse otto anni più grande - e lei considerasse tale differenza considerevole -, la signora Ester apprezzò quell’uomo dai modi educati, sempre ben vestito, e, diciamola tutta, persino bello ai suoi occhi!Mario ha vissuto sino ad 89 anni, stupendo i medici poiché ebbe cinque adenocarcinomi, il primo diagnosticato quarant’anni prima che morisse. Anche da vecchio, aveva mantenuto le proprie abitudini: ogni mattina, estate o inverno che fosse, sotto la canicola più rovente o la nevicata più rigida, indossava gli stivaloni e, rispetto all’abitazione, andava nel punto più distante della cascina, le cui porzioni aveva rilevato dai parenti. E lì restava, impenetrabile, assorto nei suoi pensieri e nei suoi silenzi. Era un uomo di grande fede; la famiglia, l’onestà, il lavoro, la santa messa e i vespri domenicali erano tutta la sua vita e questi sono i valori che ha tramandato con l’esempio a tutta la sua famiglia.

Donna MargheritaMario ed Ester ebbero due figli: Margherita e Silvia. La seconda, purtroppo prematuramente scomparsa, donna solare e di grande empatia, ha fatto l’ostetrica e per anni ha lavorato in Valtellina.Margherita, invece, si è dedicata all’attività agricola, aiutata nel passato dal marito, l’ingegnere, professore Ugo Utica, originario di Codogno, docente dell’Istituto Bassi, che avendo in gioventù imparato a fare qualunque tipo di lavoro, pur di mantenersi agli studi, non disdegnò di fronte all’emergenza di andare in stalla per la mungitura.La produzione di latte, alla cascina Chierichetto, è terminata agli inizi degli anni Ottanta a causa della malattia di Mario. Dopo un lungo periodo dedicato alla monocoltura, a Margherita Montanari sono venuti in mente quegli enormi mastelli colmi di mirtilli, che vedeva allorchè andava in Valtellina dalla nipote Sara, figlia di sua sorella Silvia. Da qui la svolta: Margherita ha avuto l’intuito di convertire circa 2mila metri quadrati di terreno a floricoltura e la cascina è stata ammodernata a vivaio: da luglio 2012 è stata avviata anche la relativa commercializzazione, nella centralissima via Garibaldi a Guardamiglio.Questa corte è destinata a diventare un giardino delle delizie floreali, e sarà meta di chi vuole concedersi una pianta ornamentale per il proprio giardino, terrazzo o balcone.La cascina Chierichetto si apre al futuro, malgrado una tinta fosca dettata dal nuovo Piano di governo del territorio, che destinerebbe parte dei terreni ad uso non più agricolo, così modificando l’identità rurale della zona.Margherita Montanari e l’ingegnere Ugo Utica hanno due figli: Chiara, laureata in Ingegneria, ed Umberto, che studia al liceo scientifico di Piacenza. I ragazzi sembrano più interessati ai libri che ai petali. Ma non è mai detto: dopo tutto, certi estri arrivano improvvisi.

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