Tumori al polmone a Lodi, i numeri mettono paura

Oltre cento nuovi tumori all’anno nel reparto di pneumologia dell’ospedale di Lodi. Un aumento, negli ultimi 2 anni, del 10 per cento. E secondo il primario dell’unità operativa Luigi Negri, il numero è destinato ad aumentare ancora. Questo a fronte però di una politica sanitaria tesa a privilegiare i malati cronici. «Nel nostro reparto, infatti, - annota il primario - aumentano i tumori, i mesoteliomi cronici, le patologie respiratorie come la Bpco (broncopneumopatia cronico ostruttiva). Si tratta di patologie che avranno comunque bisogno di supporti, come l’ossigenoterapia e la ventiloterapia». Spesso in ospedale finiscono anche pazienti con l’influenza. «In questi giorni , per esempio, la patologia influenzale dà segni di riduzione, ma sono ancora presenti complicazioni da forme respiratorie e intestinali - dice Negri -: ci sono pazienti che arrivano in pronto soccorso con un rialzo della febbre. Abbiamo ancora 6 malati fuori reparto e altri 2 ricoverati in terapia intensiva». Attualmente, annota il medico «vengono ampliate le competenze territoriali, si investe sulla cronicità, sulle malattie dell’anziano e l’acuzie viene penalizzata. Lo spazio per gli acuti si riduce - lamenta Negri -. A noi mancano 2 medici e non credo che li sostituiranno. Non spetta a me entrare nel merito, ma sarebbe bene spostare risorse anche sugli acuti. È un passaggio di difficile gestione questo della riforma e riguarda non solo il Lodigiano, ma tutta la Lombardia. Nessuno ha la bacchetta magica, ma in momenti di carenza di risorse c’è il problema di come distribuirle». Anche perché i pazienti gravi a Lodi non mancano. «La patologia tumorale è aumentata - dice Negri -, molti pazienti sono tornati a far riferimento a Lodi, mentre prima si rivolgevano altrove, nella grande città. Il tumore al polmone prima riguardava solo i maschi, adesso, invece, c’è un incremento nelle donne, per via del fumo. Nella nostra pneumologia abbiamo 120 nuovi tumori all’anno. Si tratta di numeri importanti per un solo reparto. Quelli che seguiamo poi in ambulatorio sono circa 340. In America si tratta di una malattia ormai stabilizzata, anzi in decremento. Noi, invece, per 10 anni ancora, prevediamo un peggioramento. Anche la Bpco sta aumentando. La mortalità è incrementata nell’ultimo decennio del 160 per cento. Anche per questa patologia è previsto un ulteriore aumento nei prossimi 10 anni: c’è forse una maggiore attenzione nella popolazione a controllare la propria salute». Dal punto di vista clinico, il consiglio migliore, annota Negri, «è di smettere con il fumo. Smettere fa sempre bene. Se tutti lo facessero il tumore al polmone sarebbe una malattia rara e anche la Bpco si ridurrebbe notevolmente. Noi pneumologi dovremmo cambiare mestiere. Un terzo dei nostri ricoveri, cioè circa 200, è legato a complicazioni della broncopneumopatia. Ai nostri numeri, inoltre, si aggiungono quelli della medicina e degli altri reparti. Esiste poi, non dimentichiamolo, una popolazione sommersa rilevante. Molti sono ammalati, ma non lo sanno».

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