Giulio Cavalli (Regionali - Sel)

Attore, scrittore, politico - si potrebbe dire - per inclinazione naturale. «Perché in realtà nel mio lavoro ho sempre preso posizioni politiche - spiega - e ad un certo punto ho deciso di farmi carico di un altro ruolo: quello di portare le voci di denuncia all’attenzione pubblica cercando però delle soluzioni. Perché la politica è la più alta forma di arte».

Giulio Cavalli, classe 1977, nato a Milano, cresciuto a Tavazzano con Villavesco e ancora residente nel Lodigiano, consigliere regionale uscente per Sinistra Ecologia e Libertà, è ricandidato nelle file di Sel per il Pirellone.

Direttore artistico del teatro Nebiolo, autore e attore, negli ultimi anni il suo impegno si è concentrato sul tema della legalità e sulla denuncia della ramificazione delle mafie al Nord. Sotto scorta dal 2009 per le ripetute minacce di stampo mafioso, il debutto in politica risale al 2010, come candidato indipendente nell’Idv. «Sono grato ad Antonio Di Pietro perché mi ha dato una grande opportunità - racconta di quel periodo -: con Sonia Alfano e Luigi De Magistris avevamo un progetto politico chiaro che pensavamo il partito fosse pronto ad accogliere, ma le mie posizioni sono sempre state di sinistra». Da lì l’addio all’Idv concordato con la dirigenza e l’inizio del cammino in Sel.

I suoi due anni in consiglio regionale. Quali le battaglie e i temi per cui si è speso in prima persona?

«Le battaglie sono state molte e sono il segno che anche stando all’opposizione si può arrivare a dei risultati. La più importante è stata la legge sull’educazione alla legalità di cui sono stato il primo firmatario, ma ci sono state anche le mozioni passate a maggioranza per la rimozione del direttore dell’Asl di Milano 1, Pietrogino Pezzano; la lotta contro il consumo di suolo in Lombardia con la proposta di avere un piano urbanistico regionale che sia più collegato alle esigenze dei comuni; il sostegno ai lavoratori del Binario 21 della stazione centrale di Milano; l’aver partecipato alla commissione d’inchiesta sul San Raffaele che ha portato poi allo svelamento del sistema dei faccendieri che era già noto da tempo. L’esistenza di una lobby di potere era evidente perché nel momento in cui esiste un faccendiere significa che c’è un sistema criminogeno intorno».

La legislatura appena conclusa è stata anche quella degli avvisi di garanzia e dello scandalo rimborsi, in cui sono stati coinvolti anche molti suoi colleghi di opposizione. Cosa ne pensa?

«Evidentemente questa indagine servirà una volta per tutte a capire quali sono le spese istituzionali e a definire più chiaramente il tema. Vorrei sottolineare che tutte le spese ora contestate sono state ritenute idonee dagli organi interni della Regione. Quindi bisognerebbe anche discutere di questo. Dal punto di vista dell’opportunità, credo che ci siano state spese inopportune da entrambe le parti, maggioranza e opposizione».

Quali impegni intende assumere per il territorio del Sudmilano in caso di elezione?

«Sicuramente il più urgente è il lavoro perché il Sudmilano sta pagando, oltre alla normale depressione, una mancanza di programmazione ad ampio raggio. Zone che dovevano diventare d’eccellenza su settori come le telecomunicazioni, sono diventate l’emblema della mancanza di mediazione regionale nei rapporti con le imprese. L’impegno è quello di costruire percorsi per premiare la meritocrazia e quindi i progetti industriali più che i rapporti fiduciari, di puntare sulla detassazione, per esempio su un’imposta odiosa come l’Irap, di intervenire perché la Regione faccia da garante nei rapporti tra lavoratori e imprese, oltre ad immaginare politiche di aiuto per le start up».

Quali sono gli altri temi su cui lavorare?

«Nella regione più agricola d’Italia ci si aspetterebbe una politica d’avanguardia sul tema, ma così non è. Per rilanciare il comparto è necessario fare in modo che non diventi conveniente lasciare i terreni incolti. Dobbiamo pensare che la miglior difesa dei terreni agricoli risiede nella loro valorizzazione anche tramite l’assegnazione ai privati che vogliono investire nell’agricoltura tramite bandi, fondando nuove aziende agricole».

Che si scontrerebbero con la chiusura generalizzata di buona parte del credito...

«Io immagino una Regione che dia le linee guida alle banche e non viceversa. E quindi credo che su questo tema ci sia da lavorare. La differenza tra un governo di centrosinistra e uno di centrodestra sta anche nella distanza tra chi ritiene che la casta più dannosa sia la finanza e chi no».

Cosa pensa della proposta della Lega Nord di trattenere in Lombardia il 75 per cento delle tasse?

«Penso che sia irrealizzabile. Maroni vuole far credere di poter attuare una proposta che non gli è riuscita da Ministro dell’Interno e pensa che un’eventuale pressione nella conferenza Stato-regioni possa essere efficace. Mi stupisce poi come Maroni, così anti-Merkel, si candidi ad essere una buona Merkel per la macro regione padana. Noi siamo per una regione solidale in un Paese solidale che rientra responsabilmente in un’Europa solidale».

Perché Ambrosoli è il candidato giusto per la guida della Regione?

«Perché sono convinto rappresenti una discontinuità reale con il passato, non solo nelle parole. Il voto a Sinistra Ecologia e Libertà, poi, permette di ricordare ad Ambrosoli che gioca sulla fascia sinistra e non al centro».

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