L’universo visto dagli “sdraiati”:

la nuova-eterna lotta tra padri e figli

Claudio Bisio protagonista del film di Francesca Archibugi tratto dal libro di Michele Serra

Uno ha le scarpe sbagliate, i vestiti sbagliati, gli orari regolati a occhio e croce sul fuso dell’Alaska e quindi - abitando a Milano - sbagliati. L’altro non trova mai le parole giuste, i tempi, gli argomenti, i modi. E quando stanno insieme di sbagliato ha praticamente tutto. Sono figlio e padre.

Uno è il sommergibile e l’altro l’acqua che pretende di entrare: padre e figlio appartenenti a mondi lontani, addirittura a specie differenti, che l’evoluzione ha trasformato. I vecchi che resistono ancora in piedi, cercando di far rispettare regole e concetti che a loro volta in un tempo lontano avevano combattuto, e gli “sdraiati”, i ragazzi adolescenti che dalla loro posizione ad altezza divano vedono e vivono un mondo completamente differente. Quando è successo? Quando è iniziata questa rivoluzione al contrario?

Sdraiati, più che una posizione un modo di concepire l’universo. Oltre che la geniale definizione trovata da Michele Serra e diventata poi il titolo del suo romanzo di successo, portato ora sullo schermo da Francesca Archibugi. Un incontro quasi obbligato, si può dire, quello tra il libro e la regista romana che in carriera si è distinta per la capacità di raccontare i ragazzi e che ha trovato sulla sua strada questo anomalo romanzo (in realtà un monologo lungo poco più di 100 pagine) che ha sceneggiato per il cinema insieme a Francesco Piccolo. Un doppio salto mortale, come sempre accade con i libri, ma con un coefficiente di difficoltà che aumenta a dismisura visto l’argomento trattato. I figli adolescenti, appunto, e il rapporto con i padri. Ad essere esatti «una parodia di padre - come scrive Serra - che ha eliminato la forma verbale dell’imperativo» e che è prigioniero di un «relativismo etico» che lo sta portando verso un’inevitabile sconfitta sull’immaginario campo di battaglia su cui si affrontano i due eserciti contrapposti.

Difficile restituire sullo schermo il romanzo di Serra che tanto aveva fatto arrabbiare la “categoria” dei giovani (anche se in realtà sono gli adulti a uscirne peggio in quel racconto dichiaratamente autobiografico). La regista, che predilige il tono leggero per rendere tutto più accessibile, deve fare lo sforzo di non buttare tutto in commedia e così se il libro era una sorta di flusso di coscienza ininterrotto, qui nella costruzione di una storia, nella caratterizzazione dei personaggi qualche tratto finisce per diventare caricatura: qualche goffaggine di troppo di Bisio (comunque perfettamente in parte), qualche eccesso nel gruppo dei ragazzi. Ci sta, si sta sempre tentando la cosa più difficile in assoluto: portare sullo schermo un libro che racconta di adolescenti. Fuggire dalla banalità è un’impresa titanica, evitare i luoghi comuni una sfida paragonabile alla scalata dell’Everest.

C’è dunque Milano, ci sono le domande sorde del padre e l’ascesa salvifica fino «in cima al colle della Nasca» che diventa uno dei momenti in cui il cinema fa irruzione e finalmente prende il sopravvento sul testo. Un’opera che colpiva, divertendo e non risparmiandosi nell’autocritica, elemento che sullo schermo risulta un po’ appannato, ai confini con l’autocommiserazione. Quello che manca è invece la dimensione “politica” a cui Serra approdava naturalmente e che nel film finisce per essere un po’ nascosta dal racconto. Che viceversa ha il pregio della naturalezza, dote che avvicina i protagonisti alla realtà. Merito della regista che si conferma brava nel dirigere i suoi giovani attori, perfettamente calati dentro i loro soprannomi, nelle felpe e nelle scarpe troppo larghe.

Lucio D’Auria

Gli sdraiati

regia Francesca Archibugi

con Claudio Bisio, Gaddo Bacchini

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