Quindici anni fa la tragedia dell’aeroporto di Linate

Quindici anni di dolore, rabbia e silenzio. L’8 ottobre 2001 nella fitta nebbia che avvolgeva l’aeroporto di Linate si consumò la più grave catastrofe aerea verificatasi in Italia. Alle 8.10 un Cessna Citation CJ2 privato entrò per errore nella pista principale mentre un MD-87 della Scandinavian Airlines era in fase di decollo. L’impatto uccise sul colpo gli occupanti del Cessna mentre l’MD-87, divenuto ingestibile per lo schianto, finì contro il toboga (l’edificio adibito allo smistamento dei bagagli) prendendo fuoco. Le vittime furono 118 e un addetto ai bagagli, Pasquale Padovano, restò segnato dalle ustioni per il resto della vita. Tra le vittime c’erano anche persone nate e cresciute tra Lodigiano e Sudmilano: si chiamavano Attilio Lazzarini (51 anni) di Lodi, Luigi Mussida (54 anni) di Casalpusterlengo, Carlo Venturini (41 anni) di Castiglione, Fabio Mangiagalli (33 anni) di San Giuliano, Sandro Carlin (55 anni) di Riozzo di Cerro al Lambro e Romano Blasi (32 anni) di Peschiera Borromeo. L’inchiesta che seguì rivelò impensabili carenze nella sicurezza: segnali sbagliati o sbiaditi, allarmi anti intrusione di pista disattivati, procedure non rispettate (i piloti del Cessna non erano abilitati per volare con quelle proibitive condizioni atmosferiche) e soprattutto la mancanza di un radar di terra funzionante. Quello acquistato per lo scalo di Linate giaceva impacchettato in un magazzino in attesa del collaudo. Il processo si concluse il 20 febbraio 2008 con tre assoluzioni e la condanna definitiva di cinque persone per disastro e omicidio colposo plurimo. Tra loro anche l’ex amministratore delegato dell’Enav (Ente nazionale assistenza al volo) Sandro Gualano, il controllore di volo Paolo Zacchetti (in servizio quella mattina) e i manager della Sea, la società incaricata della gestione dello scalo milanese, Antonio Cavanna e Giovanni Lorenzo Grecchi. L’indulto del 2009 farà sì che solo per due condannati si aprano le porte del carcere.

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