Le mafie fanno affari d’oro con il gioco d’azzardo

di Gigliola Alfaro

Riciclaggio di denaro sporco, usura, estorsione, imposizione sul territorio sono le attività dalle quali la criminalità trae grandi profitti grazie all’azzardo. Non solo: si è rivelata una chimera, se non proprio una “fandonia”, arginare del tutto il circuito illegale con la legalizzazione del gioco: infatti, “le mafie riescono facilmente a fare sistema tenendo insieme legale e illegale”, anzi “l’uno rinforza l’altro”. Sono alcuni dei dati del dossier “Gioco sporco, sporco gioco. L’azzardo secondo le mafie”, promosso dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), presentato oggi a Roma e realizzato da Filippo Torrigiani, consulente della Commissione parlamentare antimafia e del Cnca proprio su questi temi.

Un volume di affari impressionante. Il dossier presenta una fotografia dello stato attuale del rapporto tra criminalità organizzata e azzardo. Un business che è giunto a rappresentare “un volume di affari impressionante”: “Secondo le ultime stime, il mercato globale del gioco d’azzardo, a fine 2016, si è attestato su un valore di circa 470 miliardi di dollari, corrispondente alle riserve finanziarie di alcune super potenze mondiali, come pure al fatturato di aziende globali il cui organico supera gli 80mila dipendenti”. Insomma, “siamo di fronte ad un mercato globale che non conosce crisi o decadenza”.

“Le indagini giudiziarie sulle infiltrazioni mafiose nel settore dell’azzardo parlano chiaro: le mafie stanno investendo in modo sempre più massiccio e capillare in questo business, che permette di riciclare enormi quantità di denaro sporco, fare affari e rinforzare la propria presenza sui territori. Anche per questo occorre una legge che regolamenti il fenomeno nel suo complesso e che preveda misure mirate per ostacolare la presenza delle organizzazioni mafiose nel settore del gioco d’azzardo”. Questo l’appello lanciato oggi da don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), in occasione della presentazione del dossier. Un quadro che Torrigiani tratteggia ricorrendo ai dati e alle informazioni che si ricavano dalle principali inchieste giudiziarie condotte nel nostro Paese per combattere il riciclaggio e, più in generale, le diverse facce della presenza mafiosa nel settore. “Per troppo tempo – ha notato Filippo Torrigiani – si è erroneamente creduto che se lo Stato avesse ampliato, controllato e gestito l’offerta del gioco lecito, si sarebbe contrastata la presenza dell’illegalità, sino a rendere il mercato del gioco illegale improduttivo. Il corso degli eventi, invece, ha sancito ben altro.

I tentacoli dell’illegalità prosperano benissimo su un binario ‘parallelo’ e con un giro di affari difficilmente quantificabile; la realtà incontrovertibile evidenzia come, a fronte di una maggiore offerta del ‘gioco legale’, sia più semplice per i clan malavitosi trarre profitti attraverso pratiche di usura, riciclaggio, estorsione, imposizione”. Secondo don Zappolini, “per realizzare un efficace contrasto alle mafie nel settore azzardo, debba essere considerato come punto di riferimento imprescindibile il lavoro compiuto in merito dalla Commissione parlamentare antimafia, con il coordinamento del senatore Stefano Vaccari, che ha avanzato 23 proposte di modifica normativa rivolte al legislatore, riportate nel dossier, relative a cinque diversi ambiti di intervento: barriere all’ingresso; revisione delle sanzioni penali e amministrative; rafforzamento delle misure antiriciclaggio per la tracciabilità delle vincite; politiche antimafia e ruolo delle autonomie locali; una nuova governance del settore”.

“Il settore che attrae ancora con forza i giocatori era e rimane quello del gioco d’azzardo automatico: la spesa in New Slot e Vlt rappresenta, infatti, ben oltre il 50% della raccolta”, ma “appare sempre più rilevante l’evoluzione che sta avendo il gioco online. Nel solo corso del 2015 si apprende, ad esempio, che i ‘Casinò On Line’ autorizzati dall’Agenzia dei monopoli e delle dogane (Adm) hanno chiuso in magnificenza l’esercizio in questione”, sottolinea il dossier. Dai dati rilevati, “nell’anno la spesa netta dei giocatori è stata di 327,5 milioni di euro: ciò sta a significare un +31,2% rispetto ai 249,6 milioni impegnati nel 2014”. Le mafie hanno penetrato anche il settore delle “scommesse sportive” e, in particolare, hanno dimostrato “attiva solerzia, soprattutto attraverso la pratica di match fixing che è la capacità di determinare e quindi alterare l’esito parziale o finale dei risultati degli avvenimenti sportivi, soprattutto mediante la compravendita dell’agire e dell’infedeltà degli atleti, e comunque la complicità di alcuni”.

Una cosa è certa: “Il gioco d’azzardo costa sicuramente moltissimo alla collettività e certamente molto di più di ciò che crea, quantomeno in materia di socialità, aggregazione e legalità”. Il dossier ricorda anche i “gravi fatti di sangue nei confronti di soggetti appartenenti alla filiera del gioco”, determinati dai forti interessi criminali che muovono il settore, e riporta alcuni procedimenti le cui indagini sono state portate a compimento nell’ultimo anno. Non si può nascondere, dunque, “il rapporto stretto che le mafie hanno saputo costruire in tutto il Paese, senza per forza aver bisogno della politica, come in alcune regioni del nord, ma coinvolgendo persone, professioni, imprese utili al raggiungimento dei loro obiettivi criminali”.

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