Europa: fondi per ambiente, economia, lavoro e... migranti

di Gianni Borsa

«Vogliamo un’Unione robusta, capace di dare ai cittadini quello che si aspettano? Allora dobbiamo anche avere un budget adeguato»: Siegfried Muresan, eurodeputato romeno, è il relatore del Parlamento Ue per il bilancio comunitario 2018. Più volte ha sostenuto la necessità di mantenere livelli di budget capaci di rispondere alle innumerevoli sfide che l’Europa ha di fronte e, allo stesso tempo, di tener fede alle accresciute competenze dell’Unione in base al disposto del Trattato di Lisbona. Ovvero, tutti pretendono che l’Ue si occupi di mille problemi, risponda alle attese dei cittadini, ma poi il bilancio annuale a disposizione resta sempre lo stesso, ancorato all’1% del Pil dei 28. Tra le voci finanziate prevalgono quelle indirizzate alla crescita economica, al lavoro giovanile, alla ricerca, alla sicurezza e all’accoglienza migranti.

La procedura per l’approvazione del bilancio è piuttosto complessa. In primavera, precisamente il 30 maggio, la Commissione ha proposto uno schema di budget per il 2018: a quel punto sono entrati in campo Parlamento e Consiglio dei ministri Ue, le due autorità di bilancio dell’Unione, per adottare le rispettive posizioni in materia. Il Consiglio lo ha fatto il 4 settembre, il Parlamento il 25 ottobre. Le divergenze tra le due autorità hanno reso necessaria, come accade puntualmente ogni anno, una “procedura di conciliazione”, terminata il 18 novembre. E oggi, nel corso della plenaria dell’Europarlamento a Bruxelles, i leader Ue firmeranno ufficialmente il budget del prossimo anno, che potrà entrare in vigore il 1° gennaio.

Soddisfatto il commissario per il bilancio, Günther H. Oettinger, che si è espresso così: «Si tratta di un budget di cui beneficeranno tutti. Sarà utilizzato per creare più posti di lavoro, più crescita e investimenti. Aiuterà i giovani a trovare un impiego e opportunità di tirocini. Contribuirà a rendere l’Europa più sicura. Ogni singolo euro dev’essere speso in modo efficiente e creare valore aggiunto per l’Europa».

Parole simili a quelle espresse ogni anno in questa fase. In realtà il bilancio, che pur mostra una consistenza assoluta di un certo rilievo, risulta tutto sommato modesto se si pensa che dovrebbe portare valore aggiunto in ben 28 Stati (compreso il Regno Unito finché resterà nella “casa comune”). I conti per i prossimi dodici mesi prevedono 160,1 miliardi di euro di stanziamenti di impegno, ovvero i finanziamenti che possono essere stabiliti nei contratti in un determinato anno solare; invece saranno 144,7 miliardi di euro gli stanziamenti di pagamento cioè quei finanziamenti che saranno effettivamente erogati nel corso del 2018. Ed è questa la cifra da tenere sott’occhio.

Osservando i diversi capitoli del prossimo bilancio, emerge che 66,6 miliardi (con un aumento del 34,9% rispetto al 2017) saranno inscritti nella rubrica “crescita intelligente ed inclusiva”, voce che comprende tutti gli investimenti per sviluppo economico, imprese, formazione al lavoro, opportunità per i giovani, mercati, ricerca indirizzata alla produzione, infrastrutture… Nel capitolo “crescita sostenibile – risorse naturali” finiranno 56,1 miliardi (+3,6%): si tratta del sostegno all’agricoltura e allevamento e alla tutela ambientale. Queste due voci costituiscono in pratica i quattro quinti del bilancio. Seguono gli investimenti per “sicurezza e cittadinanza”, per la politica estera, e le spese amministrative, necessarie per far funzionare la macchina Ue (personale, sedi…).

Analizzando più nel dettaglio gli investimenti che saranno effettuati il prossimo anno grazie alle casse Ue (le voci di entrate del budget comunitario sono quasi totalmente dovute ai versamenti degli Stati membri in ragione della popolazione e della forza economica e all’Iva) si evince che «quasi la metà dei fondi, pari a 77,5 miliardi di euro di stanziamenti di impegno, sarà destinata – specifica una nota della Commissione – a rendere più forte la nostra economia, più competitive le nostre università e meglio attrezzate le nostre imprese per competere sul mercato globale».

A titolo di esempio, 2 miliardi di euro saranno destinati al Fondo europeo per gli investimenti strategici, fulcro del piano Juncker; 11,2 miliardi saranno erogati a Orizzonte 2020, il programma per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione.

Naturalmente i fondi verranno ripartiti per capitoli di spesa e per Paese membro a secondo delle necessità. Il criterio prevalente resta quello della solidarietà: per questo ci sono Paesi che beneficiano maggiormente dei fondi dell’Unione (tutti i Paesi centro-orientali) e altri che invece versano più di quanto ricevono (fra cui Germania, Francia e Italia). Tornando alle voci di investimento, i giovani, puntualizza ancora la Commissione, «riceveranno un aiuto concreto e avranno migliori possibilità di trovare lavoro grazie al finanziamento di 350 milioni di euro destinato all’iniziativa per l’occupazione giovanile» (pochi soldi, per la verità). Il sostegno a favore degli agricoltori europei – sempre molto elevato – ammonta a 59 miliardi. Altri stanziamenti riguardano il Fondo europeo per la difesa, il controllo delle frontiere, nonché la gestione delle migrazioni. Il relatore Muresan è particolarmente sensibile al tema della sicurezza: «L’Unione europea sfortunatamente non può risolvere tutti i problemi del mondo, quindi dovremmo cominciare dal nostro vicinato – ha dichiarato –. La Federazione russa sta diventando più attiva, è molto aggressiva, fa disinformazione e usa fake news e propaganda. Dobbiamo contrastare questo fenomeno e dobbiamo essere vicini a quei Paesi a oriente dell’Europa che si sono avviati su un percorso europeo, come la Georgia, l’Ucraina e la Repubblica moldava. Dobbiamo aiutarli a costruire le loro istituzioni, combattere la corruzione, rafforzare le loro economie». «Lo stesso discorso vale per i nostri vicini meridionali, quel Nord Africa da dove vengono molti migranti e rifugiati. Dovremmo investire in istruzione, sanità, infrastrutture, ma anche cibo e acqua. Solo allora le persone smetteranno di mettere a rischio la propria vita per venire in Europa».

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