Dopo le elezioni regionali in Sicilia è paura astensionismo

di Stefano De Martis

La legge di bilancio ha iniziato a muovere i primi passi in Senato nei giorni scorsi, per la precisione mentre era ancora in corso lo scrutinio del voto siciliano. Si vedrà presto se il responso delle elezioni nell’isola avrà delle ripercussioni significative sul percorso del provvedimento fondamentale, forse l’ultimo, di questo scorcio di legislatura.

Di sicuro sarà la prospettiva delle elezioni politiche a condizionare i passaggi parlamentari della manovra economica ed è in vista della sfida del 2018 (marzo?) che i partiti, al di là della propaganda delle prime ore, leggeranno le indicazioni pervenute dalle regionali siciliane. Tenuto conto che per il Parlamento nazionale si voterà con un sistema profondamente diverso, innanzitutto per l’assenza dell’elezione diretta del leader, che in Sicilia ha prodotto gli esiti più eclatanti in termini di rapporti di forza tra gli schieramenti.

Non c’è dubbio, comunque, che per il Pd e per l’intero ambito del centro-sinistra si apra ora una fase di riflessione stringente e spietata, che per avere un senso non dovrebbe tanto attardarsi in complicate alchimie di coalizione, ma dovrebbe piuttosto puntare a ritrovare il filo di un rapporto con gli elettori che sembra smarrito almeno dal periodo del referendum costituzionale. Il M5S, dal canto suo, ha ragione nel rivendicare di essere il primo partito in Sicilia (e secondo molte rilevazioni anche nel Paese), ma è pur vero che, essendo stato a lungo il favorito nei sondaggi, ancora una volta non è riuscito a “sfondare” oltre il livello municipale. Il centro-destra ha vinto in Sicilia in una misura che forse è andata al di là delle sue stesse aspettative. In questa fase è lo schieramento che ha il vento in poppa e può vantare una presenza articolata sul territorio nazionale che lo mette in condizioni molto favorevoli. Ha però bisogno di chiarire il suo asse politico.

Sullo sfondo, ma forse bisognerebbe portarlo in primo piano, c’è il tema dell’astensionismo. Già nelle precedenti regionali in Sicilia si era scesi sotto la metà degli aventi diritto. Il 5 novembre il dato è stato confermato, nonostante una competizione potenzialmente coinvolgente, e nonostante la presenza del M5S, vocato per definizione a raccogliere il voto anti-sistema. Per cogliere la pericolosità dell’astensionismo può essere utile mettere in evidenza quanto è avvenuto, sempre il 5 novembre, nelle elezioni per il municipio di Ostia, una realtà più popolosa di molti capoluoghi di regione. Si è tornati al voto dopo due anni di commissariamento per inquinamento mafioso e alle urne è andato solo un cittadino su tre. Con un risultato di spicco per il movimento di ultra-destra Casapound il cui candidato ha preso il 9 per cento dei consensi.

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