Dirigenti a rischio sicurezza

Si moltiplicano gli appelli affinché venga emanato quanto prima il nuovo bando di concorso a dirigente scolastico. In effetti il numero delle presidenze libere da affidare in reggenza ai presidi titolari di altra sede continua a crescere. Un immediato avvio delle procedure risulta quanto meno necessario se si vuole assicurare la copertura delle 1600 presidenze ancora oggi vacanti a partire dall’anno scolastico 2018/19. Pare che ad essere interessati al concorso siano più di centomila aspiranti presidi che si sottoporranno alle preselezioni, quindi alle selezioni e poi all’anno di prova. Il ruolo di preside, oggi dirigente scolastico, è ancora uno dei posti a cui tanti docenti aspirano come sviluppo di carriera e questo nonostante si moltiplichino le notizie non certo rassicuranti in fatto di responsabilità a cui vanno incontro i presidi nel dirigere un istituto scolastico. Ha fatto scalpore, ad esempio, la notizia della sorte toccata alla collega Franca Principe, dirigente scolastica del Liceo Carlo Pisacane di Sapri, condannata a un mese di reclusione con la sospensione della pena e a 15 mila euro di risarcimento per i danni fisici subiti da uno studente a scuola. La collega è stata condannata in quanto ritenuta responsabile di mancata tutela della sicurezza dei lavoratori, poiché tali sono considerati anche gli studenti in una scuola. In breve questi i fatti. Uno studente si apparta sul pianerottolo esterno del secondo piano per una fumatina (già per questo il signorino va contro la legge), ma rimane vittima di una caduta a causa di un lucernaio malconcio. La caduta dal secondo piano gli procura diverse ferite e qualche frattura. Col tempo per fortuna si ristabilisce. La collega, dal processo che è seguito, ne esce con le …..ossa rotte. Come responsabile della struttura, la cui manutenzione è demandata alla Provincia proprietaria dell’immobile, il preside risponde, nel bene e nel male, di tutto ciò che avviene nell’istituto frequentato da centinaia di studenti, sede di servizio per tanti docenti invitati a tenere sempre gli occhi aperti, con la presenza di personale addetto alla vigilanza, aperto a genitori e a persone esterne bisognose di atti amministrativi. Tutto questo in un edificio di proprietà degli enti locali (comuni o province) sempre attenti e precisi all’occasione a differenziare le responsabilità degli uni da quelle degli altri. Un episodio simile è accaduto alla collega Giuseppa Seidita dell’istituto comprensivo Luigi Capuana di Casteldaccia in provincia di Palermo dove un alunno durante la ricreazione in giardino rimane vittima di un incidente con ferite e fratture causate dall’improvvisa caduta del cancello d’entrata. Anche in questo caso il tribunale ha condannato la collega a 12 mila euro di risarcimento per aver violato l’esercizio della vigilanza sulla sicurezza del manufatto, assolvendo, invece, da responsabilità i rappresentati dell’ente locale. Una menzione particolare merita quanto accaduto al collega Livio Bearzi, dirigente scolastico del Convitto Nazionale Domenico Cotugno dell’Aquila dove a causa del terremoto del 2012 hanno trovano la morte tre studenti e altri sono rimasti feriti. Il collega Bearzi viene processato per mancata ristrutturazione dell’edificio scolastico e per mancanza di un piano sulla sicurezza. Accuse che gli valgono quattro anni di carcere e l’interdizione dai pubblici uffici. Sono solo alcuni dei tanti colleghi che negli anni si vedono catapultati nei tribunali a difendersi da tremende accuse su mancate responsabilità per situazioni che afferiscono alle strutture scolastiche e per le quali diventano capri espiatori di responsabilità altrui. È pur vero che questa è la legge. «Dura lex, sed lex» ci ricorda Eneo Domizio Ulpiano, grande giurista dell’antica Roma. Allora vuol dire che è arrivato il momento di cambiarla questa legge. Perché un conto è la responsabilità oggettiva che è propria del ruolo che si ricopre, altro è la responsabilità penale che può scaturire da inadempienze altrui. Si fa presto a individuare un responsabile all’interno di un edificio scolastico salvo poi ricordare che responsabile della manutenzione delle strutture, anche di quelle fatiscenti, sono altri e non il dirigente scolastico. Fa niente se poi questo edificio scolastico è tenuto in piedi per grazia divina. Si fa presto a dire che un preside va giuridicamente considerato alla pari di un datore di lavoro, salvo poi scoprire che per assurdo in quanto datore di lavoro non ha possibilità di gestire nessuna risorsa economica finalizzata alla sicurezza di chi vive all’interno della struttura giustappunto perché di risorse a sua disposizione non ne ha e né può sperare di averne. È come dire che se al preside tocca segnalare le situazioni a rischio, all’ente proprietario tocca, invece, intervenire. Ma se quest’ultimo non ha risorse economiche per intervenire, le situazioni a rischio rimangono tali, lasciando al preside la valutazione del pericolo che comunque non può mai portare alla chiusura dell’edificio scolastico se non vuole essere accusato di interruzione di pubblico servizio. In questi casi al preside non rimane che scegliere tra una condanna per mancanza di sicurezza o una per interruzione di pubblico servizio. Qual è la meno compromettente? Una domanda che merita una seria riflessione. Solo che a furia di riflettere cosa scegliere o come risolvere il problema il nostro caro preside finisce per essere condannato a grossi risarcimenti e talvolta anche alla galera. Come si vede si è di fronte a un pericoloso paradosso? Mi ricorda, per certi aspetti, l’asino di Buridano che stanco e malconcio per fame e sete, messo di fronte alla scelta tra due secchi uno d’avena e uno d’acqua posizionati ai suoi fianchi, non sapendo da dove cominciare, se dall’avena o dall’acqua, finisce per morire. Condivido appieno l’iniziativa dei colleghi dell’Umbria che hanno avviato una raccolta firme per dire basta a questa legge; basta essere equiparati ai datori di lavoro; basta sobbarcarsi delle responsabilità improprie. Rivedere il D.L.vo 81/08 sulle norme in materia di sicurezza dovrebbe avere una corsia preferenziale da parte dei nostri politici. I dirigenti scolastici non sono più disposti a fungere da capri espiatori per occultare le responsabilità d’altri. Bisogna pure che qualcuno ponga fine alla politica del «laisser faire, laisser passer» se non si vuole continuare a mettere in difficoltà i presidi per mancate manutenzioni di strutture scolastiche fatiscenti. Quando Jean Baptiste Colbert, ministro dell’economia della Francia del seicento, a causa della crisi, chiese al mercante Legendre «cosa possiamo fare per aiutarvi», la risposta fu: «Laissez faire». È la stessa dei nostri politici: «Laissez faire, laissez passer».

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