I pendolari: «Soli sui treni: non c’è sicurezza»

«Non c’è sorveglianza, non bastano le telecamere. Siamo lasciati soli». Il viaggio comincia alle 7.09 alla stazione ferroviaria di Piacenza, il convoglio è il 20410 ribattezzato “treno della paura” dopo l’aggressione al capotreno Davide Feltri, mercoledì 19 luglio, proprio a bordo del regionale Trenord.

«Lo prendo tutti i giorni per andare a lavorare a Santo Stefano e c’ero anch’io quel giorno ma non mi sono accorta di niente – racconta una signora -. Quando stavamo scendendo non si aprivano le porte e ho saputo poi che era perché il ragazzo le aveva forzate». Il riferimento è al 25-30enne di colore che il 19 luglio ha accoltellato il ferroviere Feltri e poi è sceso dal treno correndo sui binari.

«Chi lo trova più – sospira la passeggera -. Qui è tutta campagna, c’è il granturco, chissà dov’è sparito». Dopo l’accaduto chi viaggia in treno cerca come può di stare in guardia, ma «se ti capita davanti uno violento non puoi difenderti», riflette una giovane di Santo Stefano diretta al lavoro. Sono soprattutto loro, le donne, ad avere paura. Si sentono indifese e «i militari ultimamente si vedono molto meno» fanno notare più persone a bordo.

L’assenza delle forze dell’ordine è percepita anche dagli uomini: «Francamente non ho mai avuto grossi problemi, prendo questo treno per andare a Milano ma non ho mai ravvisato situazioni di pericolo – commenta un 37enne codognese appena salito sul 20410 a Casale -. Però effettivamente non si vedono più militari in giro». Il problema naturalmente è vissuto anche dai ferrovieri, che si trovano in prima linea a fronteggiare “violenti” che non vogliono saperne di scendere dal treno se fermati senza biglietto. Spesso ne nascono discussioni accese. «Sono tutti stranieri, fanno finta di non capire l’italiano anche se lo capiscono benissimo, ci prendono in giro, e quando gli diciamo di scendere alla fermata dopo spesso ti si rivoltano contro – spiegava ieri un controllore -. Il problema è quando sono in gruppo e diventano minacciosi. Durante Expo c’era l’affiancamento al capotreno, adesso invece siamo lasciati soli».

A queste scene i pendolari sono abituati: «Sinceramente non si sta tranquilli ma al lavoro ci devi andare – chiosa una 28enne di Codogno, mentre l’amico sul sedile a fianco annuisce -. Prendiamo questo treno perché il “Mantova” è sempre pieno e si rischia di restare in piedi, il 7.21 (partenza da Codogno) è il treno degli studenti e dei lavoratori ma adesso che le scuole sono chiuse e molti sono in ferie siamo in pochi e c’è da stare attenti. C’è gente che urla, si nasconde nei bagni perché non ha il biglietto, e in stazione girano “personaggi” strani». Il regionale ferma in stazione a Lodi. In biglietteria l’altoparlante avverte di stare attenti ai borseggiatori. Un ferroviere lamenta quello che dicono anche i colleghi: «Non c’è più rispetto per la divisa, chi lavora nelle stazioni è lasciato solo, anche di notte. Non siamo tutelati e la stazione non è sorvegliata, nell’arco delle 24 ore la polizia nemmeno si vede».

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